Interpol a caccia del banchiere diventato idolo della sinistra

Oggi il capo della Polizia consegna il rapporto sull'espulsione della moglie di Ablyazov. Esperto d'intelligence: i servizi sapevano ma volevano evitare un altro caso Abu Omar

Interpol a caccia del banchiere diventato idolo della sinistra

L'obiettivo, mancato, del blitz alla porte di Roma, che ha fatto esplodere il pasticcio kazako era Mukhtar Ablyazov, l'oligarca che non è certo un dissidente paragonabile a Solgenitsin ai tempi dell'Unione sovietica. Lo dimostrano i tre mandati di cattura internazionali diffusi dall'Interpol, che gli pendono sulla testa scovati dal Giornale. In Italia, però, soprattutto a sinistra, ci si innamora facilmente del dissidente di turno con uno slancio che puzza lontano un miglio di motivi di bottega politica.

Di mezzo ci sono finite la moglie e la figlia di Ablyazov consegnate al regime kazako, grazie a una porcata all'italiana ancora tutta da chiarire in termini di responsabilità. Oggi il capo della Polizia, Alessandro Pansa, consegnerà l'esito dell'indagine interna sullo spinoso caso. «È atteso ad ore», ha dichiarato il ministro degli Esteri Emma Bonino a Skytg24 sottolineando che «sarà il documento ufficiale su come si sono svolti i fatti e i comportamenti in quei giorni».
Secondo le informazioni che sono al vaglio del capo della Polizia «Ablyazov Mukhtar, nato il 16 maggio 1963, è ricercato in campo internazionale per arresto a fini estradizionali». Il «dissidente», che non sembra proprio uno stinco di santo, è rincorso da tre mandati di cattura internazionali. «Dal Kazakistan per appropriazione indebita avendo ottenuto fraudolentemente crediti di circa 52 milioni in valuta kazaka nella sua qualità di amministratore della Banca BTA» si legge nell'elenco degli ordini di arresto. La banca era diventata un feudo di Ablyazov, che viveva nel lusso e la usava come cassa delle sue attività contro Nursultan Nazarbayev, il padre-padrone del Kazakhstan. Dal 2009 il dissidente-banchiere era stato esautorato e in quel momento sono iniziati i guai. Non a caso il primo mandato di cattura viene diffuso dall'Interpol il 9 marzo 2009. Secondo le informazioni del Viminale il secondo ordine di arresto internazionale del 4 gennaio 2011 arriva «dall'Ucraina per associazione a delinquere finalizzata al falso, commesso quale membro del consiglio di amministrazione della menzionata Bta Bank». Il terzo mandato, diffuso dall'Interpol il 28 febbraio 2013 proviene da Mosca «per frode, abuso di fiducia, riciclaggio e falsità documentale, avendo acquisito illegalmente ingenti crediti dalla Bta Bank, operante in Russia, trasferiti poi in Paesi off-shore». Uno dei paradisi fiscali utilizzati sarebbero le isole Vergini britanniche.

Ablyazov ha fatto tutto questo per la causa della libertà? Difficile crederlo, anche se in Italia, su gran parte dei media, viene dipinto come un eroe. Il suo rivale Nazarbajev, invece, è il bieco «dittatore». Con il suo regime, però, abbiamo firmato nel 2003 un «memorandum sulla cooperazione fra la Procura generale della Repubblica del Kazakhstan e la Direzione nazionale antimafia italiana nella lotta alla criminalità organizzata e al riciclaggio dei proventi di reato». Lo riporta il sito della nostra ambasciata ad Astana, che ricorda come nel 2009 sia stato siglato anche «l'accordo di cooperazione nel contrasto alla criminalità organizzata, al traffico illecito di sostanze psicotrope, di precursori e sostanze chimiche usate per la loro produzione, al terrorismo ed altre forme di criminalità».

Sempre sul sito dell'ambasciata italiana si legge che «le relazioni tra Italia e Kazakhstan sono eccellenti, basate su una comunanza di vedute sui principali temi di politica internazionale e favorite da un'intensa collaborazione economica bilaterale».
Tenendo conto dei rapporti fra i due Paesi sembra incredibile che alla Farnesina nessuno sapesse chi fosse la signora Alma Shalabayeva, moglie del nemico pubblico numero uno di Nazarbayev. E che non ne fossero al corrente i nostri servizi dopo oltre un anno di permanenza di madre e figlia alle porte di Roma.


«Non ho dubbi che l'intelligence sapesse tutto - spiega a il Giornale una fonte attendibile - ma non avevano voce in capitolo». I servizi forse sono stati avvicinati dai kazaki, ma le barbe finte non volevano farsi coinvolgere in un secondo pasticcio internazionale dopo il caso Abu Omar.
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