Roma - Le grandi manovre attorno alla Consulta sono iniziate da tempo, perché a settembre Giorgio Napolitano dovrà scegliere un nuovo giudice costituzionale. Il 14 del mese, infatti, scade il mandato dell’attuale presidente Franco Gallo, che è di nomina presidenziale.
Se si segue il criterio dell’anzianità il numero uno dovrebbe essere scelto dal collegio tra Luigi Mazzella (vicino al Pdl) e Gaetano Silvestri (legato al Pd), che hanno giurato lo stesso 28 giugno 2008. Ma chi sostituirà Gallo, per volere del Quirinale, è importante per l’equilibrio interno dei Quindici, sempre più sbilanciato verso il centrosinistra in una Corte che spesso si occupa di questioni dal forte impatto politico. Nella rosa di nomi che sarebbe stata proposta al capo dello Stato, però, non ne figura nessuno gradito al centrodestra. Tutt’altro. In pole position sarebbe il giurista Nicolò Lipari, decano dei civilisti e avvocato difensore della Cir della famiglia De Benedetti nella causa in Cassazione per il Lodo Mondadori, in cui Fininvest è stata condannata ad un risarcimento monstre di 564,2 milioni di euro. La sua scelta sarebbe quasi una provocazione per Silvio Berlusconi.
Classe ’34, professore emerito di istituzioni di diritto privato all’università «La Sapienza» di Roma, consigliere di amministrazione della Rai dal 1976 al 1983 e poi per un decennio senatore della sinistra Dc, Lipari avrebbe sul Colle un forte sponsor per la sua stretta parentela con il segretario generale del Quirinale Donato Marra. Sarebbero così almeno due le ragioni di opportunità che dovrebbero intralciare la sua corsa verso il Palazzo della Consulta.
E allora ancora più forte sarebbe la candidatura del centrista Michele Vietti, vicepresidente del Csm. Negli ultimi mesi ha molto brigato per accreditarsi sul fronte politico del centrosinistra ma ha visto più volte sfumare il sogno di diventare ministro, magari della Giustizia dove è già stato sottosegretario. Il suo principale sponsor, Pier Ferdinando Casini, ha ormai perso il suo peso ma Vietti è uomo dalle mille risorse e per le sue frequenti prese di posizione a sostegno delle tesi di Napolitano si è guadagnato il soprannome di «Corazziere». Dovrebbe lasciare in anticipo Palazzo de’ Marescialli per entrare all’Alta Corte, ma è già successo in passato, come nel 1996 per Piero Alberto Capotosti. Ambirebbe alla poltrona di giudice costituzionale anche l’ex premier socialista Giuliano Amato, figura intramontabile dalla Prima alla Seconda Repubblica. Ad aprile l’ex Dottor Sottile era in cima alla lista di Napolitano per entrare a Palazzo Chigi, ma veti incrociati e ragioni anche generazionali hanno fatto preferire Enrico Letta. Però il presidente, che lo stima molto, potrebbe «consolarlo» con il posto alla Consulta.
Tutti nomi che non si possono proprio definire super partes, ma anzi sono chiaramente legati al Pd . Come il quarto, che però dovrebbe essere ormai fuori gioco. Candidata era, infatti, la professoressa Luisa Torchia, ma ad aprile è stata rinviata a giudizio con l’ex presidente del Monte dei Paschi di Siena e poi dell’Abi, Giuseppe Mussari, per la privatizzazione dell’aeroporto senese di Ampugnano, con l’accusa di falso ideologico in concorso e turbativa d’asta.
Proprio gli sviluppi di questa inchiesta hanno già fatto sfumare la sua nomina a ministro della Funzione pubblica nel governo Monti, al posto di Filippo Patroni Griffi.
Allieva dell’illustre amministrativista Sabino Cassese, che alla Consulta è l’emanazione più diretta di Napolitano, molto legata ad Amato e a Franco Bassanini, la Torchia ha firmato il ricorso al Tar di Sky, che ha chiesto ben 154 milioni di euro all’Authority delle comunicazioni come risarcimento per una serie di delibere che avrebbero favorito la concessionaria pubblicitaria di Mediaset nella raccolta di spot per le tv tradizionali e per il digitale terrestre.
Dopo aver visto svanire all’ultimo momento il posto da ministro, puntava sulla Consulta. Ma i guai giudiziari sono guai per tutti.
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