L'azienda che guadagna vendendo la beneficenza

Un ragazzo di 26 anni lancia un sito che mette all'asta desideri: incontri con celebrità o loro oggetti. Raccolti 50mila euro in 4 mesi. A fin di bene

L'azienda che guadagna vendendo la beneficenza

La beneficenza funziona meglio se è interessata. Può sembrare gretto, ma il modo più efficace per far fruttare una raccolta fondi è che tutti, compreso chi fa la donazione, guadagnino qualcosa. Meglio ancora se quel qualcosa, di norma, non è neppure in vendita, come la cena in compagnia di un personaggio famoso, un cimelio sportivo introvabile, l'abito o lo strumento di una star. Tutto questo lo ha capito bene un italiano, che a soli 26 anni ha già alle spalle diverse esperienze di successo. Francesco Nazari Fusetti, classe 1987, è noto per aver fondato ScuolaZoo (il portale di riferimento degli studenti, per i quali organizza anche viaggi e realizza diari e altri gadget). Ora ha lanciato «CharityStars.com»: un sito, come suggerisce il nome, che finanzia cause umanitarie mettendo all'asta incontri con i vip o oggetti appartenenti a celebrità.

Sogni di indossare il vestito di Lorella Cuccarini nei panni di Sandy nel musical Grease? Al momento c'è chi è disposto a pagarlo 300 euro, se vuoi accaparrartelo devi tirare fuori almeno 50 euro in più. Un caffè con Riccardo Illy, mentre scriviamo, è arrivato a 700 euro, andare a pranzo da Eataly con il fondatore Oscar Farinetti costa già 1050 euro, ma tra due giorni, ad asta chiusa, è probabile che il prezzo sarà salito. Con questo sistema, da luglio ad oggi, il portale ha raccolto oltre 50mila euro. Finiti nelle casse di organizzazioni come Medici Senza Frontiere, Wwf, Save The Children, Emergency, Cesvi. Al netto del 15 per cento di commissione che la società trattiene per sé: il profit che finanzia il non-profit. O, se vogliamo, un nuovo modo di raccogliere elargizioni, a scopo di lucro: il concetto di beneficenza è ribaltato, perché, spiega Fusetti, «in questo caso la donazione è mascherata». Dalla soddisfazione di un desiderio: la molla vincente è proprio la capacità di vendere ciò che non è in vendita, uno sfizio irrealizzabile.

Il principio può apparire meschino, ma basta guardare i risultati per capire che davvero il fine giustifica i mezzi. Tra le aste di maggior successo troviamo i 6500 euro spesi da un imprenditore toscano per aggiudicarsi la maglietta di Gigi Riva durante il campionato '64-'65, che ha contribuito alla costruzione di un asilo per bambini etiopici da parte di Girotondo Africa Onlus. Un po' meno (5750) per la maglia della Juve dell'annata '46-'47, mentre una cena con la star tv dei fornelli Benedetta Parodi è stata battuta a duemila euro. Comprata, racconta Francesco, «come regalo alla moglie da un imprenditore». Le cartoline per gli auguri di Natale o i portachiavi di pezza con cui le organizzazioni benefiche in genere si finanziano sono lontane anni luce. Non è solo questione di quantità di denaro. Qui a pagare, aiutando la buona causa, «sono persone che in genere non fanno beneficenza».

CharityStars è l'unica azienda del genere in Europa, qualcosa di molto simile esiste negli Usa: si chiama CharityBuzz, anche se oltreoceano chi compra ha diritto a sgravi fiscali. In Italia no, perché in questo caso manca l'«animus donandi»: chi acquista fa del bene, ma per fini egoistici. L'obiettivo? «Arrivare a 300mila euro raccolti nel giro di un anno». Magari sull'onda delle prossime aste, come il pallone autografato da Thohir durante la puntata di «Che tempo che fa?», una lezione di economia con Giulio Tremonti, una cena con il calciatore Giorgio Chiellini. Non male per un'azienda così giovane: è nata sei mesi fa, ha - oltre al fondatore - solo tre dipendenti e alcuni consulenti esterni, tutti sui 25 anni. Se pensate che siano degli sgobboni che passano la vita davanti al pc vi sbagliate.

Dentro, in quest'angolo di Milano lungo il Naviglio Grande, non hanno nulla da invidiare a quelli di Google: un open space con pareti bianche e vetrate (era la vecchia sede di Yoox Italia), poltrone coloratissime, ampia area per cucinare e mangiare tutti insieme, e persino un tavolo da ping-pong. La creatività non è mica solo a Mountain View.

Twitter @giulianadevivo

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