Eterologa, contro / Ma l'egoismo non può essere un diritto

L'uomo non è solo una passione inutile, come diceva Sartre: è un essere completamente superfluo, la cui esistenza o non-esistenza appartiene al regno imperscrutabile dell'Arbitrio. Adesso voglio un figlio. Poi, magari, anche no. Poi cambio di nuovo idea, che male c'è?

Tutti desiderano avere un figlio, e la sentenza della Consulta a favore della fecondazione eterologa - non prevista dal testo della Legge 40 - sembra favorire questo legittimo desiderio. Se il seme di papà non funziona, perché non tentare altre vie? Un altro seme? Un altro utero?

Non facciamola facile, però. Per capire un fatto come questo è necessario prestare attenzione ad altri dati.
Uno di questi è il calo vertiginoso delle richieste di idoneità per l'adozione.

È vero che ogni anno 10.000 (diecimila) famiglie italiane si rivolgono a centri stranieri per la fecondazione assistita. Ma è anche vero che nei primi mesi del 2014 si parla di un 40% in meno di domande di adozione rispetto agli stessi mesi del 2013. I lacci della burocrazia, la crescente rigidità dei tribunali, l'allungarsi dei tempi di risposta (specie nel caso delle adozioni internazionali), unite alla crescita dei costi hanno scoraggiato chi, per soddisfare quel desiderio, intraprendeva quella via.

Insomma, la fecondazione assistita eterologa è un diritto, l'adozione no. Si direbbe che certe sentenze non vadano esattamente nella direzione dei bisogni, altrimenti tutto andrebbe in quella direzione.

Ho letto proprio ieri che, su 100.000 (centomila) richieste di giovani di accedere al servizio civile, ne sono state accettate 1.000 (mille). Voi direte: che c'entra? C'entra, perché con la disoccupazione giovanile al 50% il desiderio di lavorare e di essere utili dovrebbe essere sostenuto, come quello di diventare papà e mamma.

Io - chi mi conosce lo sa - non sono un difensore per principio dei cosiddetti «valori non negoziabili», e non faccio nessuna questione di principio. Semplicemente, non posso non pensare che si stia affermando una cultura che riconosce come diritti solo quelli del più puro egoismo individuale, e quindi della disgregazione, inevitabile, di ogni patto sociale. Il che oltretutto - lo vedremo, anzi lo stiamo già vedendo - avrà i suoi salatissimi costi sociali.

Per questo esordivo parlando della persona umana come di un essere sempre più superfluo, come ricordava la grande Hannah Arendt: è il carattere fondamentale del totalitarismo moderno, dal quale ci siamo illusi di poterci mettere in salvo moltiplicando i diritti individuali, senza pensare che al mondo esistono molti totalitarismi, tra i quali anche quello dei valori e quello dei diritti.

Anche se non ci piace ammetterlo, ci stiamo rassegnando a quello che scriveva, all'inizio degli anni Ottanta, il poeta e premio Nobel Czeslaw Milosz:

«Si è riusciti a far capire all'uomo che se vive è solo per grazia dei potenti. Pensi dunque a bere il caffè e a dare la caccia alle farfalle. Chi ama la res publica avrà la mano mozzata».

Buon caffè, dunque.

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