Roma - All'ora di pranzo, dopo un incontro al Quirinale (con il presidente «abbiamo parlato delle prospettive di governo»), Enrico Letta prova ad uscire dall'angolo. Annuncia per oggi la presentazione del nuovo programma.
Ma si fa scappare una frase: auspico che si arrivi - dice - «ad un'Europa meno legata all'idea di austerità».
Proprio per quella frase, all'ora del tè circolano già voci sulle sue dimissioni: attese per domani, prima della direzione del Pd sull'azione del governo. E si parla apertamente di un incarico a Matteo Renzi per un governo che completi la legislatura.
Quella frase sull'Europa mette infatti in subbuglio i renziani. Iniziano a domandare alle altre forze della maggioranza come la interpretano. E la risposta è univoca. Se con il nuovo programma di governo Letta vuole fare maggiori spese (per gli investimenti) e realizare minori entrate (riduzione del cuneo fiscale), vuol dire solo una cosa: intende superare il tetto del 3% di deficit, da qui la critica all'«Europa dell'austerità».
Vale a dire, vuole cavalcare uno dei cavalli di battaglia di Renzi.
Se così fosse, il Pd avrebbe difficoltà a spiegare il motivo in base al quale intende togliere il sostegno ad un premier che, oltre ad essere dello stesso partito, ha in mente di seguire le indicazioni del sindaco/segretario. Per non parlare del fatto che una simile politica aggressiva nei confronti dei vincoli europei non sarebbe condivisa dall'attuale ministro dell'Economia.
Fabrizio Saccomanni ha sempre detto che non sarà lui a superare (volutamente) il tetto del 3%. Quindi - hanno riflettuto i renziani - Letta è anche pronto a fare un bis senza Saccomanni.
Queste letture dietrologiche delle parole del presidente del Consiglio fanno scattare l'allarme rosso per chi fa il tifo per Renzi a Palazzo Chigi. E se Letta avesse in mente di fare come Romano Prodi che si fece sfiduciare in Parlamento? D'altra parte, ai tempi, erano insieme a Palazzo Chigi.
Ed ancora. Un cambio di rotta di questo tipo renderebbe poco credibili le nuove promesse. Ma il dubbio che il presidente del Consiglio voglia davvero rilanciare l'azione del governo, resta.
Così Andrea Romano (Scelta civica) esce allo scoperto. «Enrico Letta - dice - è uomo di grande esperienza e sensibilità istituzionale. Per primo comprende l'esigenza di voltare pagina arrivando rapidamente ad un nuovo governo, guidato da un'altra personalità». Se non è un avviso di sfratto, poco ci manca. In serata, circola voce che Scelta civica possa ritirare la propria fiducia al governo Letta.
Oppure, che possa anche sostenere un Letta bis, a condizione che tra i ministri da sostituire, insieme ai vari Cancellieri, Zanonato, Giovannini, ci sia anche Mario Mauro
Angelino Alfano è più morbido. Se la prende con il Pd. «Vogliamo sapere se crede in questo governo. Altrimenti siamo pronti a prendere altre decisioni». Ed aggiunge: «serve un governo che faccia le cose e rimetta in moto il pil». E non può essere questo - sembra sottintendere - quello che lo possa fare.
Quindi, tutto depone verso un «Renzi I». Nel nuovo esecutivo ci sarebbe spazio anche per Enrico Letta. Molto probabilmente i due si incontreranno oggi.
Per l'attuale premier sarebbe stata riservata la poltrona di ministro degli Esteri. Ma tutto dipende da lui. Oggi sfiderà il suo partito e presenterà ugualmente il nuovo programma di governo con l'ipotesi implicita di superamento del deficit oltre il 3%? Od accetterà di trasferirsi alla Farnesina?
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