Il Fatto Quotidiano non si ferma neanche davanti alla morte. “Primo dei populisti, recordman di inchieste dalla corruzione alla mafia, mago della comunicazione”, è il sottotitolo dell’articolo sulla morte di Silvio Berlusconi che campeggia in homepage.
Se il titolo è netto e secco:“Silvio Berlusconi è morto all’età di 86 anni”, il resto del pezzo, a partire dal sottotitolo e dalla foto, è quantomeno irrispettoso nei confronti del leader di Forza Italia che, a tutt’oggi, è l’uomo che è rimasto più a lungo a Palazzo Chigi. La scritta “l’ultimo giudice” e l’immagine di Berlusconi che sembra andare incontro al giudizio divino rispecchia pienamente lo stile manettaro del giornale diretto da Marco Travaglio. Marta Portanova, autrice dell’articolo, mette subito in chiaro quale sarà il taglio del ‘coccodrillo’: “Per 17 anni è stato il centro indiscusso della politica italiana, per altri 12 ha fatto di tutto per continuare a esserlo, fra processi, scandali, polemiche. E a suo modo ha fatto scuola nel mondo”. A Berlusconi si imputa di aver lasciato l’Italia“a discutere di lui, dei suoi interessi economici e dei suoi guai giudiziari”. Ma Il Fatto Quotidiano lo accusa anche di aver forgiato, attraverso i canali Mediaset “quel tipo di opinione pubblica poco informata e molto di pancia che sarebbe poi diventata il nocciolo duro del suo elettorato”. È la classica teoria della sinistra secondo cui gli italiani votavano e votano centrodestra perché si sono fatti stupidamente abbindolare dal primo dei populisti.
Berlusconi viene dipinto come l’antesignano dell’ex presidente Usa, Donald Trump, del brasiliano Jair Bolsonaro e dell’ungherese Viktor Orbàn. Di fronte alla gaffe di uno di politici “ci viene da pensare: -scrive il Fatto - Di che vi stupite? Noi ci siamo già passati parecchio tempo fa”. Ovviamente, larghissimo spazio viene dedicati ai processi dai quali Berlusconi si è dovuto difendere. “Mentre il mondo girava veloce, l’opinione pubblica cercava di decrittare il senso di termini giuridici astrusi, rimasti indisturbati per decenni nelle pieghe più polverose dei codici”, si legge ancora nell’articolo riferendosi a locuzioni come “legittimo sospetto” o “leggi “ad personam”. I manettari del Fatto Quotidiano, poi, insistono: “la verità storica non corrisponde alla verità giudiziaria neppure in caso di assoluzione” citando poi il caso dell’assoluzione dal reato di falso in bilancio che venne depenalizzato nei primi anni 2000. La conclusione è altrettanto sprezzante: “Alla fine, Silvio Berlusconi ha contribuito a mantenere vecchio questo Paese”. E ancora: “Vecchio come le barzellette che raccontava, le canzoni che cantava, la galanteria volgarotta che esibiva, l’Italia che metteva in scena – salvo alcune lodevoli eccezioni – nelle sue tv. E forse, di nuovo, a molti andava bene così”.
Persino Repubblica è stato più clemente, con il cronista politico Concetto Vecchio, che conclude così il suo pezzo: “E adesso è strano pensare che non ci sia più, perché è stato una figura romanzesca. Nel bene e nel male lo specchio di questo nostro strano Paese”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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