Il pendolino dell'Ingegnere ora segna Matteo Renzi. Il sindaco è l'ultimo flirt del proprietario del gruppo Espresso-Repubblica, grande sponsor di papabili leader del centrosinistra, molti finiti male. Da timido e circospetto, il trattamento dei suoi giornali verso Renzi è divenuto apertamente simpatizzante con la festa di Repubblica, non a caso a Firenze (inizialmente era stata scelta Genova), sotto casa della nuova speranza di De Benedetti, incontrato pubblicamente e privatamente in un colloquio di mezz'ora a Palazzo Vecchio.
L'infatuazione debenedettiana è partita dopo il mezzo disastro elettorale del Pd alle politiche. Da lì, l'editore si è convinto che l'uomo giusto è Renzi. «È l'unico leader spendibile» afferma al Festival di Dogliani, nelle Langhe suo buen retiro; «Renzi rappresenta un cambiamento» riconferma l'altro giorno a Firenze. «È il leader ideale per il centrosinistra» disse invece al tedesco Die Zeit, ma non parlava di Renzi, bensì di Mario Monti, un annetto fa. Il prof è stato il penultimo baciato dal favore del padrone dell'Espresso, creatore di futuri leader ma anche distruttore di carriere politiche (all'inverso quella del nemico Berlusconi, prefigurato come morto da anni, tarda a chiudersi). Monti è uscito di botto dal radar dell'Ingegnere, che solo qualche mese fa lo applaudiva come «qualcuno che può riconquistare il rispetto per l'Italia», perché «Monti gode di prestigio a livello mondiale», e «tutto il Pd lo vuole» come leader. Ora il Pd non lo vuole più, e tantomeno De Benedetti, che vuole Renzi, al limite in ticket con Letta jr. Anche su Renzi, però, il pendolino variabile dell'editore di Repubblica vibrava diversamente solo poco tempo fa. All'inviata di Santoro liquidava il rottamatore come un berluschino di sinistra: «Renzi? Abbiamo già dato, non mi sembra il caso di riproporre un Berlusconi di sinistra... Di sinistra poi si fa per dire... Oltre a rottamare (brutta parola) cosa vuol fare? Io non l'ho capito».
E in effetti alle primarie Repubblica ha parteggiato per Bersani, come peraltro il suo editore, che fece outing per lo smacchiatore: «Mi auguro che Bersani vinca le primarie. Lo conosco, lo stimo, è una persona per bene, mi dà un senso di tranquillità e stabilità, più di qualsiasi altro», soprattutto - sottinteso - di quell'altro, il giamburrasca Renzi. «Se fossi stato in Bersani - aggiunse CdB - non avrei fatto le primarie. Tutto questo gran bordello non porta a grandi frutti». Cambiando però opinione dopo il grande successo delle primarie Pd, con una mail al sindaco sconfitto: «Renzi, lei sa che ho votato convintamente Bersani ma le riconosco lealmente il merito di avere aperto in modo importante con queste primarie la stagione delle primarie vere. Non mancherò di farlo notare. Cordiali saluti, CdB».
La promessa è stata mantenuta, anche oltre le aspettative. Peggio delle aspettative invece il destino dell'ex santino di De Benedetti, il perdente di successo Bersani. «Il suo messaggio era lo smacchiatore di giaguari, che non è proprio una cosa con cui si mangia a mezzogiorno» spiegava dopo le politiche l'Ing, tornato al vecchio giudizio su Bersani («totalmente inadeguato come leader», «lui e D'Alema stanno ammazzando il Pd»).
Lunga invece la sequenza di leader del centrosinistra smacchiati da De Benedetti. Nel 2005 disse che «il futuro è nelle mani di Veltroni e di Rutelli, a Prodi spetta il ruolo di amministratore straordinario». Portò bene a Prodi, che l'anno dopo divenne premier, meno agli altri due, entrambi ex speranze tradite di Cdb. Rutelli, asfaltato da Berlusconi nel 2001, fu presentato al finanziare Soros proprio da lui, come «un giovane brillante politico italiano».
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