Manovra da 12 miliardi: tagli a sanità e statali. Giallo sull'aumento dell'Iva

Ok alla legge di stabilità, anche sconti sulla produttività. Ma il rincaro dell'imposta non è ancora scongiurato

Manovra da 12 miliardi: tagli a sanità e statali. Giallo sull'aumento dell'Iva

Roma - Giallo sull'Iva del 2013. Nonostante le rassicurazioni del ministro Vittorio Grilli, l'aumento previsto dal giugno prossimo non è del tutto scongiurato, ma potrebbe essere dimezzato. Quindi un punto percentuale invece dei due punti inizialmente previsti, sia per l'aliquota ordinaria (ora al 21%) sia per quella agevolata (ora al 10%). La novità è emersa ieri notte, mentre il consiglio dei ministri era ancora in corso per approvare la legge di stabilità.
Per finanziare il colpo di spugna sull'Iva, il Tesoro era alla ricerca di 6 miliardi e mezzo. Per coprire la detassazione degli aumenti salariali legati alla produttività servono invece 2 miliardi e 200 milioni. Mettiamoci poi le spese «indifferibili», a partire dai soldi per il terremoto in Emilia, per circa altri 3 miliardi, ed ecco che si arriva a quei 10-12 miliardi di euro annunciati dal ministro dell'Economia, Vittorio Grilli. Per la precisione, la correzione è di 11,6 miliardi nel 2013, con ricadute di 4,1 miliardi nel 2014 e di 900 milioni nel 2015.
Il Consiglio dei ministri ha varato il provvedimento ieri sera, dopo gli incontri di rito con le autonomie locali e le parti sociali. «Non è una manovra», precisa Grilli, anche se ne ha le caratteristiche, almeno sul fronte dei tagli di spesa, a partire da quelli alla sanità per circa 1 miliardo e mezzo. Si tratta di riduzioni negli acquisti di beni e servizi, materiale tecnico e dispositivi medici.

Anche il pubblico impiego è chiamato a sopportare i tagli. La bozza in entrata non soltanto confermava il blocco degli aumenti salariali a tutto il 2014; ma per il biennio 2013-2014 non sarà riconosciuta la cosiddetta «indennità di vacanza contrattuale», grazie alla quale si recupera l'inflazione. Arriva anche una stretta ai permessi dei pubblici dipendenti per cure a parenti con handicap: nel 2011 i casi sono stati oltre 258mila, con la perdita di 5 milioni di giornate di lavoro. La retribuzione nei giorni di permesso viene decurtata del 50%, a meno che l'assistenza non riguardi il coniuge o i figli. Per la pubblica amministrazione c'è lo stop all'acquisto di nuovi immobili e di automobili. Mentre la riscossione delle quote latte ritorna nelle mani di Equitalia.

Arriva, finalmente, anche una piccola detassazione. Gli aumenti salariali aziendali concessi «in relazione a incrementi di produttività, innovazione ed efficienza» saranno tassati nel 2013 al 10%, entro il limite di 3.000 euro annui lordi. Il governo intende inoltre recepire la direttiva europea che stabilisce il pagamento dei debiti delle pubbliche amministrazioni alle imprese entro i 30 giorni. Una boccata d'ossigeno per le aziende e un incubo per le amministrazioni locali. Da parte sua il governo stanzia 300 milioni per pagare le penalità relative alla mancata realizzazione del ponte di Messina, e questo significa che l'opera va ufficialmente in soffitta. Arrivano 1,6 miliardi per il trasporto locale, 500 milioni per le ferrovie e 50 milioni per il Mose di Venezia.

Per i cittadini sarà possibile aiutare lo Stato a diminuire il debito pubblico con «erogazioni liberali», che daranno diritto a una detassazione. Una versione moderna dell'«oro alla Patria»? Un ritorno al passato anche con l'operazione «cieli bui»: durante la notte sarà spenta, o affievolita, l'illuminazione pubblica delle strade. L'obiettivo è il risparmio, ma che ne sarà della sicurezza?

L'impianto del provvedimento non piace alla Cgil. Susanna Camusso definisce «miope» l'atteggiamento del governo e si prepara a portare in piazza i lavoratori. Chiede anche stanziamenti per gli «esodati». Per finanziare questi pensionamenti la legge prevede il ricorso al cosiddetto «fondo Letta», istituito nel 2009 presso la presidenza del Consiglio per spese varie.

Il disegno di legge bipartisan (ma largamente ispirato dall'ex ministro del Lavoro Pd, Cesare Damiano) non è sopravvissuto ai rigori della Ragioneria dello Stato.

Così come giunto alla commissione Bilancio della Camera, sarebbe costato 30 miliardi di euro e avrebbe messo in discussione l'intera riforma Fornero. Con una copertura inadeguata e ballerina - 5 miliardi - il testo è ritornato alla commissione Lavoro per le inevitabili modifiche. Damiano però avverte che «sugli esodati non molliamo».

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