La miniera "verde"? Un progetto inutile

La soluzione su cui punta Passera per rilanciare il Sulcis non solo ha costi altissimi, ma è anche irrealizzabile

Cosa abbiamo fatto mai per meritarci un governo composto da tale copia di incompetenti, verrà annoverato nella Storia come sesto mistero doloroso. Nel solo mese di agosto la domanda è emersa almeno tre volte. Col caso di Taranto, dove il governo non ha saputo ribattere alla magistratura la verità, e cioè che nei quartieri vicini all'Ilva non ci sono più morti né più malati che in qualunque altra parte d'Italia (anzi, di meno) e non v'è nulla da bonificare. Con la grottesca tassa di 3 centesimi sulla cola al fine di preservare la nostra salute. Con il non meno grottesco provvedimento secondo cui i videopoker, siccome farebbero male alla salute, andrebbero allora tenuti lontano da ospedali e pronto soccorso (fosse vera la premessa - per fortuna non lo è - sarebbe un motivo di più per averli vicino a quelle strutture). La lista d'agosto non è finita. Sul caso dell'impianto a carbone in Sardegna, il ministro Passera, intimidito dai tamburi sotto la finestra del suo Gabinetto, li acquieta promettendo la realizzazione di «un progetto compatibile con le migliori tecnologie». L'affermazione è la solita criptica dei politici navigati, ma se si indaga si scopre che egli si riferisce alla tecnologia Ccs, che avrebbe la pia illusione di catturare e sequestrare la CO2 - equiparata a rifiuto radioattivo - prodotta dagli impianti termoelettrici. Evidentemente il ministro sedicente tecnico ignora che: la Ccs non esiste; ove esistesse non funzionerebbe; ove funzionasse sarebbe irrilevante e forse anche pericolosa. A fronte di tanti periodi ipotetici, una sola cosa è certa: essa quasi raddoppierebbe il costo di produzione elettrica (esiste un recente studio Enea in proposito). Il ministro dell'Ambiente, Corrado Clini, infatti sottolinea: «Sulla possibilità di fare sequestro di CO2 a Carbosulcis ci sono molte perplessità da un punto di vista della fattibilità. Il lavoro va difeso, avendo però una prospettiva. Il rischio è di tenere in piedi prospettive di sviluppo che poi non si realizzano, al prezzo di lasciare indietro altre opportunità».
Pompare alte concentrazioni di CO2 nelle profondità di siti marini o geologici è sempre possibile, ma con forti rischi - oltre che sismici - che il gas venga prima o poi risputato fuori. Come avvenne il 26 agosto 1986 quando dal lago Nyos, in Camerun, esplosero migliaia di tonnellate di CO2, che si era spontaneamente autosequestrata sotto i fondali del lago: 1.700 abitanti sulle rive del lago morirono asfissiati. Ironia vuole che siano in atto programmi di dissequestro (cioè d'immissione volontaria nell'atmosfera) di CO2 in quei casi, come quello del lago Nyos, ove ragioni di sicurezza lo richiedono. Bisognerebbe allora trasformare la CO2 in un composto solido e stabile, e ciò vuol dire trovare un reagente adatto. La scelta non è ampia, ma il reagente adatto ci sarebbe: ad esempio, l'ossido di magnesio (MgO) potrebbe formare carbonati solidi e stabili. Ma bisogna essere consapevoli delle dimensioni dell'operazione che richiede di localizzare, estrarre, trasportare, e attivare decine di miliardi di tonnellate l'anno del minerale contenente MgO, farlo reagire con la CO2 e poi seppellire decine di miliardi di tonnellate l'anno del risultante carbonato.
In ogni caso, ove tutta la CO2 degli impianti termoelettrici del mondo fosse sequestrata, si sottrarrebbe all'atmosfera 1 Gt (un miliardo di tonnellate) di carbonio l'anno, a fronte di oltre 700 Gt presenti. Non è un caso che nel mondo, a fronte di migliaia di impianti termoelettrici, solo 8 sono dotati di impianti sperimentali Ccs (che catturano meno dello 0,001% della CO2 atmosferica).

Otto sono oggi, e 8 erano 4 anni fa: il futuro della produzione elettrica da carbone è radioso, ma la Ccs non ha futuro. A meno che, naturalmente, non diventi obbligatoria per legge. E c'è da scommettere che in Europa possa diventarlo, visti i sedicenti tecnici che la governano.

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