La mosca al tavolo della Fornero

Fenomenologia di un ministro, di mestiere professore ordinario, al secolo Elsa Fornero. Spiazzante come solo certe donne, il pianto nella sua prima uscita pubblica docet

La mosca al tavolo della Fornero

Fenomenologia di un ministro, di mestiere professore ordinario, al secolo Elsa Fornero. Spiazzante come solo certe donne, il pianto nella sua prima uscita pubblica docet. Concentrata come ruga da corrucciamento sulla fronte dimostra. E poi charmante come da sciarpina sul tailleur, ma all’occasione persino rude, nel tono tranchant di certe sue affermazioni, indimenticabile la battuta da fumoso panno verde del poker sulla «paccata di soldi che abbiamo messo sul tavolo». Chi è stato al suo, di tavolo, come una ventina di malcapitati assessori regionali, ha potuto assistere a un concentrato dei suoi poliedrici tic , roba che David Cronenberg potrebbe girarci un capolavoro, altro che La Mosca.

Dicono di lei, tanto per cominciare, che parli in terza persona. Per prender le distanze lei per prima da quel che sta dicendo, avvisano i detrattori; per rimarcare il suo ruolo di terzietà e riverenza rispetto allo Stato che sa di rappresentare solo momentaneamente, annotano invece gli amici. Fatto sta che se arriva in ritardo, Fornero si scusa spiegando che «il ministro ha un’agenda stretta e controllata». Chi poi ha avuto la ventura di interromperla, l’ha vista ascoltare silente e un po’ arcigna, e poi l’ha sentita rispondere così: «Voglio solo evidenziare che lei ha interrotto il ministro». Per poi proseguire risoluta e dire, magari, che «il ministro risposte non ne ha», perché il politichese non lo parla e le bugie non le sa dire, a costo di attirarsi le sollevazioni popolari che infatti con malcelata irritazione sopporta.

Pane al pane, Elsa. Che, tanto per annotare uno dei punti deboli, è capace di minacciare la rottura delle trattative su un punto non proprio dirimente come l’aria condizionata, all’urlo di: «Spegnetela o me ne vado», per poi concedere ai boccheggianti convocati, bontà sua: «Togliete pure le giacche». Pignola, anche. Irriducibile nel vietare l’articolo femminile davanti al suo cognome, tignosa come quando rimproverò gli assessori per non aver negli anni tenuto il conto uno per uno degli esodati, possibilmente «riepilogandoli in un registro» la cui assenza lei, il ministro, trovava «molto strana». Così decisionista da risultare antidemocratica, come quando a chi le contestava di aver cambiato il sistema pensionistico in corsa, creando appunto il problemino esodati, rispose che «era legittimo per il governo cambiare le regole», avvertendo che mai fidarsi della «presunzione di invarianza normativa».

Di ferreo aplomb finché un’osservazione che considera fuori luogo le fa perdere le staffe, è insieme la sciura che cucinò il risotto milanese a Monti e la manager che ai sindacati che la ostacolano riserva bacchettate sulle mani. Però con la spada dello Jedi di Star Wars, come nell’imitazione.

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