Napolitano prepara il terreno In arrivo lo sforamento del 3%

RomaE se nel 2013 il deficit italiano fosse stato superiore al 3%? I numeri iniziano a circolare. Solo sabato 1° marzo l'Eurostat comunicherà ufficialmente i dati di deficit, pil e debito pubblico per tutt'Europa, e finalmente si conoscerà dove verrà fermata l'asticella: sopra o sotto il tetto.
Una frase usata da Giorgio Napolitano a Strasburgo nell'incontro con gli europarlamentari sembra quasi voler preparare l'opinione pubblica ad un dato negativo. «Non è perseguibile - ha detto il capo dello Stato - una politica di riequilibrio finanziario a tappe forzate».
Il presidente della Repubblica sa benissimo che la Commissione europea àncora il rispetto dei Trattati non solo al raggiungimento degli obbiettivi di finanza pubblica, ma anche al timing con il quale questi obbiettivi vengono raggiunti.
Un esempio su tutti. Nella famosa lettera che la Bce inviò al governo italiano nell'estate del 2011 si chiedeva più o meno velatamente di anticipare il pareggio di bilancio, rispetto allo schema ipotizzato dal governo dell'epoca. Imponendo, quindi, proprio quelle «tappe forzate» che ora il capo dello Stato ritiene «non perseguibili».
Altri Paesi, come Francia e Spagna, hanno un deficit che supera abbondantemente il 3% dei rispettivi pil. Ed hanno negoziato con Bruxelles un percorso di rientro graduale e scivolato in là negli anni.
L'Italia, invece, se i dati Eurostat dovessero segnare un indebitamento sotto il 3%, sarebbe l'unico Paese - insieme alla Germania - a registrare un parametro in linea con i Trattati. Di riflesso, a differenza della Germania, l'Italia farebbe anche segnare una dinamica del pil più lenta, rispetto a quello di Francia e Spagna.
La formula usata da Napolitano, quindi, sembra quasi auspicare che a livello europeo si possa far largo una direzione di marcia seguita da Francia e Spagna («riequilibrio non a tappe forzate»). L'Italia, invece, pur di raggiungere il risanamento finanziario ha fatto segnare il record della pressione fiscale, con fenomeni come quello dell'Iva: aliquote aumentate, gettito diminuito.
Insomma, sembra quasi che il capo dello Stato abbia voluto indicare al governo una linea di rotta distinta dal passato. Linea che comporta la necessità/volontà di rinegoziare parametri che - come ricorda spesso Matteo Renzi - sono stati indicati 30 anni fa.
Anche perché nel 2015 per l'Italia scatterà il «fiscal compact». Una procedura che - senza scendere nei tecnicismi - comporterà interventi massicci (più tasse e meno spese) per aumentare l'avanzo primario, al fine di ridurre strutturalmente il debito pubblico.

Paradossalmente, questo accordo si applica ai Paesi che rispettano il tetto del 3% di deficit; non a quelli che lo superano.
Forse per queste ragioni, Napolitano ora si schiera contro «il riequilibrio a tappe forzate». E, forse, il 3% ha smesso di essere un totem. Anche per il capo dello Stato.

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