Omicidio stradale, reato per pirati e ubriachi

Il governo: "Lo stiamo studiando". Scatterà per chi provoca incidenti mortali guidando sotto l’effetto di alcol e droga

Omicidio stradale, reato per pirati e ubriachi

Non solo spread, tasse e liberalizzazioni. Il governo «tecnico» è pronto a mettere le mani anche sul codice della strada.
Apprezzabile sistema la patente a punti di ormai lontana memoria, ma dal 2003 (data dell’entrata in vigore) oggi il deterrente sembra funzionare meno. E l’Italia ancora arranca sul fronte della sicurezza stradale. Il nostro Paese continua a essere all'undicesimo posto nell'Europa a 15 per diminuzione di morti e feriti: quasi 5mila vittime l’anno, 300mila i feriti, ed oltre 20.000 i disabili gravi prodotti da questa guerra non dichiarata che corre quotidianamente sull’asfalto.
L’annuncio di una nuova mini-rivoluzione arriva per bocca del ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera, ascoltato ieri in commissione Trasporti alla Camera: il governo è al lavoro per introdurre il reato di «omicidio stradale». Esattamente ciò che anni chiedono associazioni varie, a partire da quella dei Famigliari delle vittime della strada al movimento «Basta un attimo». Un percorso che ha diviso nel tempo la stessa magistratura.
Pioniere dell’ «omicidio stradale» è stato Valter Giovannini, procuratore aggiunto di Bologna. Lui nel 2007 contestò l’omicidio volontario (con dolo eventuale) a un automobilista nel cui sangue c’era un tasso alcolemico cinque volte superiore al limite oltre a tracce di hashish e oppio, e che al volante di una Mercedes uccise in un frontale il conducente di un’altra auto. «Seguo l’iniziativa con interesse e fiducia», commenta adesso soddisfatto.
La nuova imputazione riguarderebbe, in caso di incidente mortale, chi venisse trovato con un tasso alcolico superiore a 1,5% o sotto l’effetto di stupefacenti. Ma anche i «pirati», pur se sobri. Passera è severo: «La situazione di quasi sostanziale impunità non può essere tollerata. Ora - ha aggiunto - mi diranno quali sono i meccanismi più giusti, ma è intollerabile che chi uccide sotto l’effetto di alcol o stupefacenti torni a casa. È qualcosa che offende profondamente il sentire comune». Più alte dunque anche le sanzioni, ovvero pene detentive non inferiori nel minimo a otto anni fino a un massimo di diciotto. Perdipiù il colpevole perderebbe a vita il «diritto» di guidare.
Non mancano tuttavia perplessità, legate in particolare alle modalità e alla creazione della nuova fattispecie di reato. Lo ammette lo stesso ministro. «Si rende opportuna una riflessione, sia in relazione a una comparazione con quanto accade in ambito europeo tenuto conto che un divieto assoluto di riconseguire la patente di guida, ovvero il divieto di circolazione alla guida di autoveicoli e motocicli sul territorio nazionale, appare unica nel suo genere in tutto il territorio UE e potrebbe risolversi in pregiudizio della libertà di circolazione».
Proprio nei giorni scorsi sul tavolo del presidente della Commissione Trasporti della camera erano piovuto 57 mila firme. Una raccolta fatta dall’Associazione amici polizia stradale con l’appoggio di altre organizzazioni, per chiedere un inasprimento delle pene per chi uccide sulla strada».


Del resto, anche stavolta massimo rigore lo pretende la comunità Ue. Entro il 2020 si chiede all’Italia di raggiungere i parametri previsti dalla Carta Europea per la Sicurezza stradale.
Qualcuno l’ha già ribattezzato «ergastolo della patente».

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