Il Papa vuole tolleranza zero per il clero pedofilo d’Irlanda

Una lettera di Benedetto XVI inviterà i responsabili alla penitenza. Il vescovo di Arnagh: «Ammettiamo con franchezza le nostre colpe»

Roma Sarà pubblicata a giorni la lettera di Benedetto XVI alla Chiesa irlandese e conterrà un invito alla penitenza e una richiesta di perdono per i casi di pedofilia del clero, uno scandalo che ha sconvolto i fedeli e l’opinione pubblica d’Irlanda. Da ieri si sta svolgendo in Vaticano, a porte rigorosamente chiuse, la riunione dei vescovi irlandesi con il Papa e con i capi dei dicasteri più importanti della Curia romana. Un incontro operativo, dal quale usciranno le linee di condotta alle quali le diocesi si dovranno attenere per il futuro. «Le tempeste fanno paura. Anche quelle che scuotono la barca della Chiesa per colpa dei peccati dei suoi membri», ha detto ieri mattina il cardinale Segretario di Stato Tarcisio Bertone, nell’omelia della messa che ha concelebrato insieme ai vescovi davanti alla tomba di Pietro nelle grotte vaticane. Ma dalle tempeste, ha aggiunto, «può venire la grazia della conversione e una fede più grande». Bertone ha detto che la prova che stanno attraversando le comunità d’Irlanda è tra «le più dure e umilianti», perché coinvolgono alcuni uomini di Chiesa coinvolti in atti «particolarmente esecrabili». Quello che è iniziato ieri, e che si protrarrà anche per tutta la giornata di oggi, è la seconda riunione dopo quella avvenuta l’11 dicembre scorso. Con il Papa e i vertici della Segreteria di Stato, c’erano i cardinali prefetti delle congregazioni per la dottrina della fede (Levada), dei vescovi (Re), del clero (Hummes), dei religiosi (Rodè), dell’educazione cattolica (Grocholewski), insieme al presidente del Pontificio consiglio per i testi legislativi e al nunzio apostolico a Dublino. I vescovi irlandesi presenti sono 24, guidati dal cardinale Sean Brady, arcivescovo di Armagh, e dall’arcivescovo di Dublino, Diarmuid Martin. Sulle responsabilità della Chiesa irlandese ha puntato il dito il rapporto della commissione Murphy, 720 pagine di inchiesta governativa sulla diocesi di Dublino che ha evidenziato i casi di 46 preti accusati di avere abusato sessualmente di minori tra il 1975 e il 2004. Nel maggio 2009 era stata un’altra inchiesta, il rapporto Ryan, a raccontare sevizie e maltrattamenti subiti dai bambini e dai ragazzi in alcuni istituti d’Irlanda gestiti da ordini religiosi. Una terza indagine governativa è tuttora in corso nella diocesi di Cloyne. In molti casi è stata messa in luce non soltanto la responsabilità dei preti o dei religiosi che si sono macchiati del delitto condannato con le parole più dure da Gesù nel Vangelo, ma anche l’incapacità dei vescovi a reagire e a impedire che i sacerdoti accusati degli abusi potessero ripeterli. Spesso infatti i presuli si limitavano a trasferire i preti pedofili, che cambiata parrocchia ricominciavano a molestare i bambini. «Ammetto con tutta franchezza quello che tutti sanno», ha dichiarato ieri monsignor Joseph Duffy, vescovo di Clogher, «l’incontro di oggi non si limiterà a un esercizio cosmetico». «Il Papa è molto preoccupato - ha detto ai microfoni di Radio Vaticana il cardinale Brady - puntiamo tutti allo stesso obiettivo, che è quello della tutela dei bambini». Ieri mattina, in presenza di Benedetto XVI, sono intervenuti i vescovi irlandesi: hanno sollevato critiche al Codice di diritto canonico, considerato deficitario nella parte penale, e hanno lamentato le lungaggini che la procedura garantista provoca. I procedimenti canonici, tra corsi e ricorsi, non si possono risolvere prima di tre anni. I vescovi hanno chiesto strumenti più adeguati per combattere il fenomeno e giudicare tempestivamente nei tribunali ecclesiastici i preti che si macchiano di questi delitti.

Nel pomeriggio hanno preso la parola i cardinali di Curia. Oltre a punire i colpevoli, si insisterà sulla formazione permanente del clero. Già quattro vescovi si sono dimessi nei mesi scorsi su sollecitazione del Vaticano, e altri potrebbero ancora lasciare l’incarico.

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