Il pasticcio di Gioia Tauro inguaia Scopelliti

Le armi siriane incendiano la Calabria. E rischiano di travolgere il governo.
Che Bashar al Assad potesse lasciare macerie in Italia senza sparare neppure un colpo del suo pure fornitissimo arsenale non avrebbe potuto prevederlo nessuno. Neppure il più esperto tra gli esperti di geopolitica. L'annuncio del ministro degli Esteri, Emma Bonino dell'imminente approdo al porto di Gioia Tauro della nave danese Ark Futura e dei suoi 60 container carichi di 560 tonnellate di veleni made in Siria ha scatenato la rivolta nella Piana. E i calabresi sembrano decisi a resistere con determinazione a quello che considerano un affronto di Roma capoccia, che decide per gli altri senza neppure fare una telefonata agli interessati.
Non hanno dubbi i sindaci di Gioia Tauro, Rosarno e San Ferdinando, i comuni che s'affacciano sull'area portuale. Agli iniziali proclami di rivolta ha fatto seguito ieri una serie di contatti che ha portato alla convocazione proprio a San Ferdinando, nella giornata di lunedì, di un'assemblea dei sindaci. «Non è intenzione di nessuno fare le barricate, ma la nostra voce la faremo sentire», ha fatto sapere il primo cittadino sanferdinandese Domenico Madafferi. Tutt'attorno, intanto, l'aria resta tesa: sindacati e associazioni sono pronti alla serrata, e la politica, senza eccezioni, contesta l'Esecutivo Letta. E il caso minaccia di deflagrare trascinando agli inferi proprio la politica. Quella calabrese e quella nazionale. Il presidente del consiglio regionale, il centrista Franco Talarico, ha provato a mettere una pezza, anticipando che della vicenda si occuperà a breve l'assemblea consiliare. Pure il governatore Giuseppe Scopelliti, che sulle prime aveva lasciato balenare l'ipotesi di «una guerra civile», è sulla graticola. «Il presidente sapeva da tempo e non ha fatto nulla per far cambiare idea al governo», accusano voci (al momento isolate) del Pd. «Ho già dato mandato ai miei avvocati di verificare se esistano i presupposti per querelare chi ha scritto che ero a conoscenza fin dal 9 gennaio del fatto che Gioia Tauro sarebbe stato il porto prescelto ad ospitare le armi chimiche siriane», ha replicato lui a stretto giro di agenzia. Ma il Corriere della Calabria, settimanale affatto tenero col centrodestra scopellittiano, ha tirato fuori un articolo del 14 gennaio, nel quale si dava conto dell'arrivo del bastimento danese e si invitava il governatore ad attivarsi coi ministri del Nuovo centrodestra, dei cui circoli è coordinatore nazionale. «Se il governo vorrà dialogare con la Regione Calabria - ha aggiunto Scopelliti provando a smarcarsi dalle critiche dovrà avviare un tavolo coinvolgendo esperti internazionali facendo chiarezza con tutte le istituzioni locali: ha mancato di correttezza».

Ma proprio dal governo, per di più da un esponente di spicco del Ncd, il titolare del dicastero alle infrastrutture Maurizio Lupi, è giunto l'altolà: «Mi stupisce che ci siano amministratori locali che vogliono chiudere quei porti in cui già vengono trattati materiali chimici: allora dovrebbero chiuderli tutto l'anno».
E per Peppe son dolori: o perde la faccia, e forse la poltrona in Calabria, o spacca i suoi e, probabilmente, la squadra dei Letta boys.

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