«Il Pd ha rotto la corda: subito al voto»

«Alle elezioni, subito». Lo dice Beppe Grillo e, sorpresa, gli fa eco Roberto Formigoni, senatore, ex governatore della Lombardia e come Silvio Berlusconi entrato di recente nel guinness dei primati della cronaca giudiziaria: una sventagliata di inchieste con cui la procura di Milano prima ha abbattuto tutti gli uomini del presidente e infine lui, il big one della storia degli amici di don Luigi Giussani in politica. «Tutti siamo d'accordo sul fatto che la burrasca economica e sociale esige un governo forte. E il governo Letta sin qui ha fatto quel che ha potuto, dimostrando buona volontà e intenzioni sagge, per esempio in materia di Imu e Iva. Però non nascondiamoci dietro a un dito, il caso Berlusconi dimostra che nel Pd l'unica linea politica condivisa è l'accondiscendenza all'eliminazione per via giudiziaria del leader del partito con cui lo stesso Pd è al governo. Non è “una questione di ricatti”, è questione di logica: come puoi prendere decisioni serie per il paese se in cima alla tua agenda c'è la cacciata del leader del primo partito degli italiani, poi il bene del paese?».
Dicono che questo ragionamento è un rovesciamento della realtà e che il principio di legalità non ammette deroghe.
«Sanno benissimo che la legalità è un principio che è stato sistematicamente violato. E dal '94 che, da Di Pietro a Ingroia, assistiamo a un linciaggio del centrodestra e del suo leader per via giudiziaria, avendo come controprova la discesa in politica di questa magistratura combattente. Larghe intese avrebbe dovuto significare anche prendere atto di questa situazione e porre fine alla guerra dichiarata da certa magistratura contro la parte politica avversaria».
Letta a Rimini non ha neppure sfiorato questo tema.
«Infatti. I compagni di partito di Letta continuano a marciare (...) in compagnia del plotone di esecuzione che si appresta a votare l'espulsione dal parlamento del nostro leader. Ma se siamo al timone della stessa barca, come dice Berlusconi nell'intervista a Tempi, e tu mi butti giù, ovvio che la barca sbanda. Tanto più, aggiungo io, se c'è burrasca e la barca ha bisogno di timonieri capaci di assumere decisioni condivise, tempestive, efficaci».
Giorgio Napolitano non può essere garante di questo timone, al di là della fragilità dell'attuale compagine governativa?
«Di fatto, dopo sei mesi, non siamo più in quelle condizioni (...). Di fatto, l'incredibile sentenza del giudice Esposito e colleghi di Cassazione unita alle grida belluine di giubilo di settori non certo minoritari dei nostro partner di governo e la conseguente decisione del Pd di votare la decadenza immediata di Berlusconi dal Senato, hanno reso l'esecutivo Letta un cacicco fragile in balia dell'ennesima ordalia scatenata contro il leader del primo partito degli italiani».
Conclusione?
«Conclusione, mi spiace ma è così: il Pd, a furia di tendere la corda, l'ha rotta.

O si vota subito o rischiamo per l'ennesima volta di tirare a campare, mentre all'Italia serve una guida forte legittimata da un voto popolare (...)».
E se vince Grillo col Porcellum?
«Governerà Grillo. Il popolo ha sempre ragione».
@luigiamicone

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