"Non sa chi rappresentare...". Il Pd è sempre più nel caos

Il Pd sembra sempre più incapace di trovare una linea e il cambio di segretario potrebbe non bastare per uscire dalla crisi in cui versa

"Non sa chi rappresentare...". Il Pd è sempre più nel caos

Stiamo con il Terzo Polo o con il M5S? Difendiamo il 41-bis o Cospito? La Meloni è capace o incapace? Il Pd sembra avvitarsi in un turbinio di dubbi che potrebbero minarne l’esistenza stessa e l’elezione del nuovo segretario potrebbe non essere risolutiva.

“Il Pd è molto disorientato e lo sono anche i suoi elettori”, spiega Carlo Buttaroni, direttore dell’Istituto Tecné che invita il partito a” trovare la propria stella polare” e a decidere quali categorie intende rappresentare. “Una volta la sinistra rappresentava la classe lavoratrice, oggi non si sa”, sentenzia il sondaggista, mettendo in evidenza la necessità del Pd di “dovrebbe ripartire dalle periferie, dal mondo del lavoro e del disagio perché, per troppo tempo, è stato legato ai nemici dei lavoratori come la finanza aggressiva”. Una posizione condivisa dal senatore Enrico Borghi che invita il suo partito a “non attorcigliarsi su questioni interne talvolta stucchevoli”, ma a “concentrarsi sulla proposta per il Paese”. Proposta che, secondo il senatore democratico, deve fondarsi sulla lotta alle “disuguaglianze sociali e territoriali senza ricadere in modelli del passato”. Il deputato Mauro Berruto contesta la rappresentazione di un Partito Democratico ormai defunto: “Molti si riferiscono al Pd come a un soggetto politico ormai inesistente, eppure tutti continuano a parlare ossessivamente del Pd. Evidentemente l’inconscio fa brutti scherzi”. Certo, la crisi del partito è evidente anche all’ex ct della nazionale maschile di pallavolo che indica la strada: “Il Pd deve dimenticarsi ogni riflessione sulle alleanze, che oggi non ha alcun senso, e fare una sola cosa: la forza di centro sinistra, progressista, principale forza di opposizione a questa maggioranza pro-tempore di destra”. Secondo Paola De Micheli, candidata alla segreteria del partito, “il Pd ha bisogno di tornare a rappresentare la maggioranza del Paese e non una somma di minoranze” e deve rimettere al centro temi come il lavoro, la scuola, la transizione ambientale e le politiche per i giovani. “Non si può pensare ad alleanze e coalizioni solo nell’ottica di una somma algebrica”, spiega la deputata emiliana che considera il Pd “il perno del centrosinistra” perché anche “i risultati delle regionali hanno confermato che non ci sono alternative se si vuole battere la destra”.

La crisi del Pd, secondo il politologo Lorenzo Castellani, risiede nella scarsa abitudine a stare all’opposizione, dopo anni in cui ha occupato “quasi tutte le caselle dell’establishment”. “Per questo Letta e Bonaccini frenano negli attacchi a Meloni, perché un buon rapporto con la maggioranza può sempre fare comodo. Al contrario chi come la Schlein punta sulla polarizzazione e la demonizzazione dell’avversario si oppone a questa linea”, spiega il docente della Luiss. Una demonizzazione che trova la stigmatizzazione di Pier Ferdinando Casini secondo cui “è finita l’epoca in cui si deve criminalizzare l’avversario politico e, perciò, le affermazioni di Bonaccini e Letta non mi sembra possano destare scandalo”. È dello stesso avviso anche il sondaggista Buttaroni che considera “un atto di civiltà politica rispetto alla demonizzazione dell’avversario degli ultimi anni”, mentre “le discussioni appartengono solo alla polemica politica interna al Pd”. A tal proposito, la posizione della De Micheli è molto chiara: “Il problema non sono le capacità personali della Meloni, ma le politiche che sta mettendo in atto”. La candidata alla segreteria contesta le scelte economiche del governo, l’autonomia differenziata e “l’approccio della Meloni su temi come il caso Cospito, con tutto quello che ne è conseguito in Aula e fuori, è irricevibile”. Eppure, secondo Castellani, solo “una posizione più morbida verso Meloni potrebbe avere senso perché senza parlare all’elettorato di destra per il PD non c’è possibilità di recuperare” e, pertanto, il Pd deve risolvere il problema delle alleanze. “Qui sorge però il problema delle alleanze.

Una partnership con il terzo polo avrebbe senso se l’operazione è di aprirsi a destra, ma in questa logica non avrebbe senso l’alleanza con i 5 stelle. Ma senza di essi, numeri alla mano, le elezioni si perdono. È un rompicapo da cui è difficile uscire”, sentenzia Castellani.

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