Perché ritorno

L'editore Paolo Berlusconi mi ha chiesto di tornare al mio posto. È la prova che qui c'è un senso di libertà che non si fa intimorire dai soprusi

Il direttore del Giornale Alessandro Sallusti
Il direttore del Giornale Alessandro Sallusti

Un giornale non può avere un direttore non libero. Per questo l'indomani della sentenza che mi ha condannato a 14 mesi di reclusione solo per un reato di opinione, avevo firmato la lettera di dimissioni dall'incarico e dall'azienda. Ieri l'editore Paolo Berlusconi, con una lettera pubblicata sulla prima pagina di questo giornale, mi ha chiesto di tornare al mio posto. La libertà che serve per fare bene il nostro lavoro la garantisce lui, a me e a tutta la redazione. Mi basta, sono onorato e grato del gesto che ovviamente va oltre la banale riassunzione. È la prova che qui c'è un senso di libertà che non si fa intimorire da soprusi e ricatti, cosa di cui non ho mai dubitato.
In questi pochi giorni da disoccupato ho avuto modo di riflettere in modo meno emotivo su quanto accaduto e su ciò che sta accadendo. E sono giunto alla conclusione che purtroppo la guerra (in)civile dichiarata contro il berlusconismo non si è conclusa con le dimissioni del premier. Come diceva mesi fa un magistrato sul suo blog: una volta fatto fuori Berlusconi ci dovremmo occupare dei berlusconiani. Sotto le non poche dichiarazioni di solidarietà che mi sono arrivate da sinistra continua a covare la brace dell'odio politico e personale. In Parlamento, sui giornali, sui blog, più o meno nascostamente, sono in tanti a fregarsi le mani e ad augurarsi nuovi provvedimenti nei miei confronti. Da veri vigliacchi c'è chi invoca un intervento punitivo dell'Ordine dei giornalisti e cose simili. Piccoli uomini, per lo più frustrati da fallimenti personali che si ergono a maestri di giornalismo e di vita. Non so se vale per me, ma certamente la redazione di questo giornale (che ringrazio per la pazienza anche perché completamente estranea al caso per cui sono stato condannato) non ha bisogno di lezioni da nessuno, né di tecnica né di etica. Lo ha sempre dimostrato nei fatti e lo dimostrerà anche questa volta.


Ringrazio chi, a partire dal presidente del Senato Schifani, sta prendendo a cuore la ricerca di una soluzione legislativa, cioè l'abolizione del carcere per i reati di opinione. All'editore e ai vertici di questa azienda il mio grazie per la correttezza e il coraggio. Ai colleghi un abbraccio e buon lavoro.

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