Nel suo discorso al Senato il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha indicato i punti essenziali del suo programma, riassumendolo in due parole: scelte radicali. Sia per l'economia sia per le riforme. E ha fatto anche alcuni esempi sulle cose che intende fare: abbassare il costo del lavoro e dare soldi a imprese attraverso lo sblocco immediato dei debiti della Pubblica amministrazione. Poi ha promesso un aiuto concreto a chi perde il lavoro e un nuovo grande piano per l'edilizia scolastica. Ci sono anche altri impegni, ma quelli sopra indicati sono i punti più "onerosi", rispetto ai quali è bene fare due conti per verificarne la fattibilità.
Il Sole24Ore ha analizzato punto per punto tutte le proposte del premier, dando anche le pagelle: ciascuna misura è valutata per efficacia, convergenza e fattibilità. Quello che emerge è un quadro di interessanti buone intenzioni rispetto alle quali, ci si aspetta qualche indicazione in più. Insomma, in altre parole, si devono conoscere le coperture: come fare a mantenere una promessa, dove prendere i soldi per, ad esempio, abbassare le tasse sul lavoro. E' su questo che si gioca la credibilità di un governo e quella di un leader.
Ma andiamo per gradi.Renzi ha detto di voler tagliare il cuneo fiscale con un intervento a doppia cifra. Ma, sottolinea il Sole24Ore, un conto è un taglio di 10 punti percentuali altra cosa è un taglio di 10 miliardi (e stiamo parlando sempre di doppia cifra). A cosa si riferiva Renzi? Un taglio da dieci punti equivarrebbe a 30 miliardi. La differenza è enorme, visto anche che "ogni punto in meno di cuneo fiscale e contributivo, comprensivo di Irap, costa 2 miliardi". Per quanto riguarda il delicatissimo argomento del pagamento dei debiti Pubblica amministrazione, già il governo Letta aveva messo in programma di smaltire un arretrato di 47 miliardi nel biennio 2013-2014. Per colmare il buco ne servirebbero altri 50. Non sono pochi. Renzi però su questo punto è stato netto: lo sblocco sarà totale. E ha indicato anche il modo: attraverso la Cassa depositi e prestiti.
Interesante l'impegno per un assegno a chi resta senza lavoro: la misura, annunciata entro il mese di marzo, potrebbe costare fino a 18 miliardi di euro.O, nella migliore delle ipotesi (estendendo l'Aspi ai lavoratori atipici), tra i 7 e i 9 miliardi
Il premier non ha indicato esattamente dove pensa di trovare i soldi. Il capo del governo si è impegnato anche a un serio piano per l'edilizia scolastica, tenendo conto che circa il 40% degli istituti sarebbe a rischio (dato Legambiente). Per sistemare le scuole italiane servirebbero almeno 3-4 miliardi.
Il governo può fare leva sui risparmi che deriveranno dalla spending review (circa 5-6 miliardi quest'anno, dai 15 ai 20 nel 2015, secondo il Piano Cottarelli, arrivando all'auspicata quota 32 pari al 2% del Pil nel 2016), e quelli in conto interessi (3 miliardi circa) derivanti dal calo dello spread. Ma servono svariate decine di miliardi per mantenere tutti gli impegni annunciati da Renzi. A meno che lui non voglia limitarsi a tirare a campare per poi riportarci al voto facendo nuove promesse.
Anche il Financial Times non fa sconti a Renzi. Il quotidiano della City ha trovato "fiacco" il suo discorso di esordio, con "pochi dettagli" su come vuole realizzare le sue riforme. Renzi, commenta FT, "potrebbe essere il leader che inizia a tracciare una linea sopra decenni di stagnazione economica, ma deve spiegare presto come intende farlo". Siamo alle solite: non bastano le parole, servono i numeri per dimostrare la fattibilità delle promesse.
Sulle coperture necessarie alla realizzazione del programma illustrato dal presidente del Consiglio "non ho alcun commento da fare, ero in Commissione a seguire un decreto".
Così il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan risponde, ai giornalistiche gli domandano chiarimenti sulle costose misure di politica economica nelle intenzioni del governo. Il Ministro ha seguito i lavori della commissione Bilancio alla Camera sul decreto legge Enti locali e poi si è spostato in Aula in attesa della replica del presidente del Consiglio al dibattito sulla fiducia.
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