Il pm che accusò il Cav rischia la punizione

Il pm che accusò il Cav rischia la punizione

Simone Di Meo

Che il presidente del Consiglio Berlusconi fosse indagato dalla sua procura, era venuto a saperlo leggendo il Fatto quotidiano del 12 marzo 2010, il procuratore Carlo Maria Capristo. Il titolare dell’inchiesta, Michele Ruggiero, infatti non lo avrebbe informato dell’iscrizione dell’allora capo del governo per la vicenda Agcom-Annozero (risalente a quattro giorni prima). E oggi, a due anni esatti da quei fatti, il pm di Trani rischia la condanna alla censura per la mancata comunicazione al suo superiore gerarchico di una notizia di indubbia rilevanza pubblica e politica e per la violazione del regolamento interno dell’ufficio giudiziario. Il processo a Ruggiero si sta svolgendo davanti alla sezione disciplinare del Csm e si avvia a conclusione. Dopo la richiesta del sostituto procuratore generale della Cassazione Aurelio Galasso, i componenti della commissione disciplinare hanno deciso di convocare per il 29 maggio prossimo, per un ultimo approfondimento, due magistrati di Trani, dopodiché sarà emessa la «sentenza».
Il fascicolo sulle presunte pressioni per staccare la spina al programma di Michele Santoro venne poi inviato a Roma per competenza territoriale con il Cavaliere indagato per minaccia a Corpo amministrativo dello Stato e concussione e con l’ex commissario Agcom Giancarlo Innocenzi e l’allora dg Rai Mauro Masi indicati come parti lese. Il Tribunale dei ministri – lette le carte – ritenne di non avere alcuna competenza sul caso, in quanto Berlusconi non avrebbe agito nelle sue funzioni di primo ministro. Così, lo stesso Tribunale, inviò il procedimento alla procura di Roma con il suggerimento di contestare a tutti e tre (Berlusconi, Innocenzi e Masi) l’accusa di abuso d’ufficio. A fine 2011, i pm di piazzale Clodio hanno chiesto l’archiviazione del procedimento, facendo crollare così l’ipotesi del complotto ai danni di Michele Santoro. Nel frattempo, però, le intercettazioni del capo del governo avevano fatto il giro del mondo e un’altra bufera (di carta) aveva investito l’esecutivo e la maggioranza.
Contattato da il Giornale, il pm Ruggiero ha preferito non commentare rimandando ai contenuti della sua audizione davanti al Csm dove si difese sostenendo di aver subito raggiunto a casa il procuratore Capristo e di aver convenuto con lui della rilevanza penale delle intercettazioni dove compariva il premier. Intercettazioni – ha sottolineato Ruggiero – mai effettuate sull’utenza del premier ma su altre finite sotto indagine. Ricevute le informative lo aveva iscritto nel registro degli indagati convinto che quella fosse la naturale evoluzione dei precedenti incontri e dei precedenti ragionamenti col procuratore. Quanto al regolamento interno della Procura, il magistrato ritiene di non averlo violato poiché non esisteva alcuna indicazione temporale sull’obbligo di informare il capo dell’ufficio.

Non c’era scritto, a suo dire, se il procuratore andasse informato entro un tot numero di ore dall’iscrizione o prima. Lui provò a farlo tre giorni dopo, senza successo. Ventiquattr’ore ancora e la storia con intercettazioni al seguito sarebbe finita in edicola «ma io – ha precisato Ruggiero – non potevo prevedere la fuga di notizie».

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