Quando Travaglio era "secessionista"

L'ex direttore della "Padania" racconta gli esordi del cronista. E il passato del figlioccio di Santoro

Quando Travaglio era "secessionista"

Travaglio secessionista? No, non è possibile. Il paladino della sinistra chic, l'antiberlusconiano per eccellenza, il santorino contro tutto e tutti, nasconde un'anima leghista?
No, Travaglio non è un secessionista. Tantomeno un leghista. C'è un però. Un retroscena curioso e divertente rivelato dall'uomo del momento, Gianluca Marchi, ex direttore de

La Padania e attuale responsabile del quotidiano online L'Indipendenza.com finito nell'indagine sui «terroristi» col trattore blindato.
Intervistato da FrontedelBlog.it, con la voce stanca di chi non dorme da 48 ore per cercare di capire che cosa gli stia succedendo, ha raccontato la sua storia da indipendentista puro, di quando, nei primi anni della Seconda Repubblica Marchi, insieme a Daniele Vimercati, lasciò Il Giornale della prima direzione di Vittorio Feltri, per approdare a L'Indipendente. Quando Vimercati abbandonò la direzione, Marchi diventò, grazie alla forza del partito di Bossi all'interno della proprietà, caporedattore facente funzioni.

Accarezzare l'idea di un giornale che fosse la voce del Nord, non dispiaceva però né a lui né a Vimercati, che proprio con Il vento del Nord, prima biografia di Umberto Bossi, aveva scalato le classifiche.

Nacque, dunque, Il Nord, l'ipotesi di un quotidiano di «area» leghista. Vimercati era al timone. Lui a coordinare. E penne taglienti come Marco Travaglio, appunto, e Massimo Fini. «Se ne fece solo un numero, - racconta Marchi - distribuito a metà settembre del '96 alla prima festa della Lega sul Po. Bisognava trovare otto finanziatori che mettessero 500 milioni a testa. Daniele ne trovò tre. Gli altri doveva portarli la Lega. Ma non arrivò nessuno».

Bossi però ebbe un'idea. Fondare un giornale di partito: La Padania. E chiese ovviamente ai due. Vimercati non volle saperne, perché un quotidiano organico alla Lega era una cosa diversa. Marchi invece, prima di rifiutare, impose un progetto: «Volevo fare qualcosa che somigliasse all'Unità negli intenti, con cronache, cultura e altro». In questo progetto il torinese Travaglio non lo seguì. Ma quell'anima pseudo padana ormai ce l'aveva cucita addosso.

A parte i gossip, ora Marchi ha ben altro a cui pensare. «Preoccupato no, anche se risulto indagato in concorso per associazione ai fini di terrorismo». In tutto 51 indagati, 24 dei quali finiti in manette. «Sono venuti qui alle cinque del mattino sette o otto carabinieri del Ros con un mandato di perquisizione.

Cercavano espressamente armi, munizioni, veicoli blindati o modificati. Naturalmente non avevo nulla. Ma cercavano da me proprio quelle cose». Aver avuto un passato alla Padania e prima ancora al Nord con Travaglio è qualcosa che segna per sempre.

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