Quel killer che uccide gli occhi azzurri

Quel killer che uccide gli occhi azzurri

É grande quanto la punta di uno spillo, per la precisione si tratta di un millimetro quadrato al centro della retina. Nome scientifico: macula. Se riusciamo a vedere in modo distinto, a leggere, a guidare, a stare davanti a computer, a riconoscere una persona, è solo grazie al suo buon funzionamento. Con il passare degli anni, soprattutto dopo i settanta, anche la macula rischia di ammalarsi. Non si tratta di un rischio troppo remoto: gli ultimi dati ci dicono che la sua degenerazione ha un'incidenza progressiva che passa dal 40 per cento nei settantenni per arrivare fino all'80 per cento nella popolazione ultra ottantenne.
Colpisce in modo indistinto entrambi i sessi, dalla persona comune al vip. Un esempio? É di ieri l’altro la notizia che il premio Oscar britannico Judi Dench, proprio per colpa della degenerazione maculare, sta diventando cieca. La 77enne attrice ha confessato al Daily Mirror di non essere più in grado di leggere il copione che la vede impegnata nel ruolo di capo dei servizi segreti britannici nell'ultimo 007 in lavorazione. «La cosa più stressante - sorride - è non riuscire a vedere chi ti sta di fronte quando sei a cena...».
Non curata in modo corretto e con tempestività, nella forma più grave, porta a cecità. «Esistono moltissime forme di maculopatia - conferma Vito De Molfetta, professore di Clinica oculistica all'università di Milano e consulente per la chirurgia vitreo-retinica all'ospedale San Gerardo di Monza - e le cause possono essere le più varie, ma di sicuro l'anziano si ritrova al “buio" con più probabilità rispetto a quanto accade con la cataratta». Cosa succede nel millimetro quadrato della macula quando s'invecchia? «Nella forma più grave della malattia, cioè quella umida, che per fortuna è la meno diffusa - spiega l'accademico - si sviluppano vasi anomali che versano sangue e liquidi e che nel tempo portano alla formazione di una cicatrice: tutto ciò accade con rapidità e in modo irreversibile, rendendo inefficace la percezione e la trasmissione del segnale visivo. Per esempio, non si riesce più a leggere, non si riconoscono le persone, né le strade e viene dichiarata la cecità legale. Nell'altra forma, quella secca, invece, si formano dei depositi sotto la retina, dovuti alla morte di cellule visive, depositi che ristagnano. La perdita della vista è graduale e rimangono comunque 2 o 3 decimi che consentono, per esempio, la lettura anche se con difficoltà».
I primi campanelli di allarme sono le immagini torbide e distorte. «Non riconoscere più come lineare la cornice di un quadro deve mettere in allerta - aggiunge De Molfetta - e sollecitare una visita dall'oculista che è in grado di individuare subito, già in ambulatorio con il biomicroscopio, le macchie giallastre della retina tipiche della malattia. Per la conferma della diagnosi vengono poi eseguiti altri due accertamenti: la fluorangiografia e l'Oct o tomografia ottica a coerenza».
Le cause che provocano la degenerazione maculare «non si conoscono, facciamo solo delle supposizioni tipo l'esistenza di una predisposizione genetica - precisa lo specialista - cioè di una familiarità. Oggi esistono test genetici che con buona approssimazione indicano la probabilità di sviluppare la patologia. Altre cause probabili sono il fumo, l'eccessiva esposizione al sole, gli stati infiammatori e l'aterosclerosi».
Anche per la terapia i mezzi sono pochi: «Nella forma secca non c'è una cura se non quella di arricchire l'alimentazione con degli integratori specifici che portino maggiori nutrienti alla macula, primo fra tutti la luteina, un antiossidante - conclude De Molfetta - nella forma umida, invece, oggi si ricorre a iniezioni nell'occhio assolutamente indolori di sostanze che chiudono i vasi malati.

Bastano tre punture per ottenere risultati brillanti, come per esempio l'arresto della malattia o il recupero di qualche decimo. A due condizioni: la diagnosi deve essere fatta il più presto possibile e le iniezioni praticate in sala operatoria, cioè nell'ambiente più sterile possibile».

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