Renzi brucia Letta: tassiamo le rendite

Renzi annuncia di essere d'accordo su un aumento della tassazione sulle rendite finanziarie. Continua il dibattito sulla legge elettorale

Renzi brucia Letta: tassiamo le rendite

Roma - Di buon mattino, Enrico Letta convoca a Palazzo Chigi Fabrizio Saccomanni e Enrico Giovannini. Intenzione del premier è verificare con i ministri dell'Economia e del Lavoro il nuovo patto di coalizione. Il presidente del Consiglio, insomma, avvia una specie di istruttoria tecnica per il Nuovo Patto da verificare con le forze della maggioranza; Patto che sarà pronto tra una decina di giorni, dopo aver incontrato tutti i leader di maggioranza entro venerdì.
Ma, ancora una volta, Matteo Renzi fa diventare di colpo vecchia la ritualità istituzionale seguita da Palazzo Chigi. Passano pochi minuti ed il sindaco di Firenze annuncia che il suo Job act «verrà presentato tra la fine di questa settimana e l'inizio della prossima». Come a dire: a Palazzo Chigi parlano, io faccio. E prima che Scelta civica sia a colloquio con Letta (che in serata sale al Quirinale), Renzi incontra Mario Monti. «Non voglio fare le scarpe a Letta. I 40 anni li festeggerò a Palazzo Vecchio»: li compirà nel 2015.

Il suo Job act parte dalla considerazione che chi fa impresa «deve essere messo nelle condizioni di farla». Al centro dell'attenzione ci sarà il Made in Italy, il turismo, la cultura, l'innovazione; e «soltanto alla fine» è prevista «una discussione sulle regole contrattuali». Perché, spiega il leader del Pd, «il mondo del lavoro è diviso fra chi le garanzie le ha, seppure vengono messe in discussioni, e chi invece non le ha mai avuto negli ultimi vent'anni». Alla tv annuncia di essere d'accordo su un aumento della tassazione sulle rendite finanziarie; e di trasferire una quota del gettito derivante dall'applicazione della tassa sulle transazioni finanziaria (Tobin tax) per ridurre l'Irap. «Ne parleremo con il nostro “job act”».
E spiega che la discussione sull'eventuale modifica dell'articolo 18 arriverà soltanto al termine del percorso, previsto per creare nuovi posti di lavoro. Proprio per evitare ogni componente ideologica sulla discussione.
Fedele all'impegno di eliminare le componenti «ideologiche», il sindaco di Firenze ribadisce la propria posizione contro il tabù del tetto del 3% del rapporto deficit/pil. È una regola - sottolinea - scritta vent'anni fa. «Se in questi anni l'Europa non ha fatto il proprio mestiere, non è colpa dei burocrati, Ma dei politici che hanno consentito ai burocrati di fare quel che volevano».

Ma l'offensiva di Renzi e dei renziani al governo è tutto campo. Davide Faraone, responsabile Scuola e Welfare nella segreteria del Pd, denuncia «il danno e la beffa» della richiesta del ministero dell'Economia di restituzione dei soldi ricevuti dagli insegnanti. E, subito dopo, il ministro Carrozza annuncia di aver scritto a Saccomanni per correggere la norma. «M'arrabbio che l'Economia chiede indietro i soldi agli insegnanti - dice Renzi a La7 - Mica siamo su scherzi a parte».
E non molla la presa del Pd sulla riforma delle legge elettorale. Renzi ne vuole parlare con tutti, compresa Forza Italia. E Roberto Formigoni annuncia che il suo partito «potrebbe anche piantare una grana sul fatto che il segretario del Pd voglia incontrare le forze dell'opposizione».

All'Ncd non piace una riforma elettorale in chiave spagnola. Così, Maria Elena Boschi - responsabile Riforme del Pd - dice di non credere «ad una crisi di governo se convergeremo sul modello spagnolo». Per Sacconi (Ncd) quelle della Boschi sono «interperanze giovanili».

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