Renzi buonista imbarazza il Pd

"Spero Berlusconi non sia condannato", poi il portavoce minimizza. E aumenta il nervosismo nel partito

Renzi buonista imbarazza il Pd

Roma«Matteo non ha mai espresso solidarietà a Berlusconi, né direttamente né indirettamente». Nella tarda serata di martedì, mentre va in onda la puntata (registrata) di Porta a Porta, piove da Firenze la smentita del sindaco, affidata al portavoce Marco Agnoletti.

È quella parolina diabolica, «solidarietà», abbinata a quel nome, Berlusconi, a mandare in fibrillazione il superstite popolo Pd che, nonostante l'afa estiva, sta a casa a guardarsi Vespa, e che sente dire dal direttore del Giornale Alessandro Sallusti che al Cavaliere, Renzi, avrebbe fatto sapere di essere solidale e sperare nella sua assoluzione. Sui social network si scatena la bagarre, con gli uomini del sindaco tempestati di domande da renziani smarriti e di insulti da anti-renziani eccitati. «Dire che solidarizza con Berlusconi serve ad eliminare il più pericoloso concorrente politico del Cavaliere», twitta un fan del sindaco. «I due personaggi sono così squallidi che per forza solidarizzano a vicenda», inveisce un suo nemico. «Fa parte della strategia per tenerlo lontano dalla segreteria», assicura chi attribuisce eccessiva influenza al pur accanito cartello anti-renziano degli oligarchi Pd.

E così il sindaco, che ha impiegato mesi a levarsi di dosso il marchio d'infamia della famosa visita ad Arcore e di idee giudicate troppo «berlusconiane» dalla sinistra, corre ai ripari: nessuna solidarietà, «i processi e le sentenze si rispettano e non si commentano», e «il tentativo del direttore Sallusti di dipingere Renzi prima come pugnalatore a tradimento del governo Letta e ora come solidale con Berlusconi merita tutto l'apprezzamento degli appassionati di fiction, ma è decisamente fuori dalla realtà».

Nessuna smentita, invece, ai ragionamenti (riportati ieri dal Giornale) che Renzi aveva già fatto e che riconferma: la speranza di sconfiggere il Cavaliere per via giudiziaria è «un errore» che la sinistra ha alimentato troppo a lungo. E di certo, ribadisce il sindaco, «non sarò io a fare lo sciacallo su una sentenza della magistratura e a strumentalizzarla per fini politici». I suoi fanno maliziosamente notare che è piuttosto da ex antiberlusconiani di ferro, come il viceministro Fassina, che arrivano ora segnali di «solidarietà» al Cavaliere, e di speranza nella benevolenza della Cassazione, perché «ci piaccia o no - dice Fassina - Berlusconi è il leader di una forza politica che ha preso 8 milioni di voti».

Renzi è consapevole che, nel mefitico clima interno al Pd, deve stare ben attento a non prestare il fianco ai nemici interni. Che ieri, con la scusa della sentenza Mediaset da aspettare, han fatto nuovamente slittare le decisioni sulle regole congressuali, e ha affidato ad un «mediatore», il dalemiano Roberto Gualtieri, il compito di cercare un accordo.

«L'autolesionismo del Pd non ha fine, che senso ha collegare le decisioni della Cassazione alle decisioni sul congresso?», si chiede Dario Ginefra. «Moriremo di tatticismo e di attendismo», attacca uno dei candidati alla segreteria, Gianni Pittella. «Fermare tutto in attesa di vedere quali saranno le reazioni di Berlusconi alla sentenza è lo specchio di una leadership senza polso né chiarezza». E Peppe Fioroni lancia un allarme: «Non vorrei che in caso di condanna scatti una convergenza tra opposti interessi, tra chi vorrebbe accelerare la rimozione di Letta e chi non vuole Renzi alla guida del Pd, sommati ai falchi del Pdl, facendo così da catalizzatore di un vero big bang».

Il sospetto di Fioroni - e non solo suo - è che il fronte anti-Renzi si divida tra chi (Letta, Franceschini)

vuole impedire a Renzi di diventare il candidato premier in pectore, indebolendo il premier in carica e chi (i bersaniani) pur di sbarrare la strada della segreteria Pd al sindaco può essere tentato di far saltare il governo.

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