Renzi prova già a sabotare le privatizzazioni di Letta

Il sindaco spara a zero sulle vendite annunciate dal governo: "Se servono per fare cassa non vanno bene". E per non farsi spiazzare il premier attacca gli "ayatollah del rigore" 

Renzi prova già a sabotare le privatizzazioni di Letta

Roma - Sono chirurgiche le incursioni di Matteo Renzi sulla politica economica di Letta e Saccomanni. Ma puntano a smontarla dalle fondamenta.
Prima della bocciatura della legge di Stabilità da parte della Commissione europea (15 ottobre), il ministro dell'Economia a Bruxelles incontra i vertici della Commissione e del Consiglio europeo. Gli anticipano le conclusioni. E gli dicono che, per mitigare l'impatto della bocciatura, «stimoleranno» l'Italia ad «implementare» interventi strutturali soprattutto in due direzioni: la riduzione della spesa per poter ridurre il prelievo fiscale sul lavoro ed il contenimento del debito pubblico. Così è stato.
Ed il governo, dopo il 15 ottobre, cosa fa? Aumenta gli interventi (esclusivamente sul fronte della comunicazione) sulla spending review (che a Bruxelles interpretano come una riduzione strutturale della spesa) quale strumento per ridurre il cuneo fiscale per i lavoratori: esattamente quel che chiedeva la Commissione europea. In più, arricchisce l'offerta con il programma di privatizzazioni quale strumento per ridurre il debito pubblico. In altre parole, rispetta in pieno le indicazioni arrivate da Bruxelles.
E qui, entra in ballo Renzi. Il sindaco di Firenze smonta le privatizzazioni annunciate dal governo. Premette: «non voglio fare il controcanto a Letta, ma le privatizzazioni come sono state fatte non vanno bene». Ed aggiunge: «Prima di privatizzare serve una prova di maturità della politica dimezzando i costi e i posti in Parlamento. Togliere il tre per cento di Eni è una operazione di cassa senza valore strategico». Poi, critica le privatizzazioni fatte da D'Alema (Telecom) e Berlusconi (Alitalia) quali esempi di «privatizzazioni fatte male».
Secondo il candidato alla segreteria del Pd, «le privatizzazioni vanno fatte sulla base di obiettivi precisi». Ed al centro di questi obiettivi, Renzi mette la creazione di posti di lavoro. Quelle annunciate da Letta e Saccomanni non hanno questo obbiettivi, ma servono - dice - «solo per fare cassa».
In altre parole, Renzi smonta una delle risposte del governo alle osservazioni di Bruxelles. «E presto arriveranno anche quelle sulla spending review», dice uno dei suoi. «Finora Matteo - prosegue il parlamentare del Pd di area renziana - ha detto che quel avrebbe fatto se fosse già oggi il segretario del Pd. Ma ancora non lo è. Per di più, la legge di Stabilità non è ancora nemmeno approdata nell'aula del Senato. Quando ci arriverà, Renzi farà sapere come giudica la manovra». E, magari, ribadirà anche cosa pensa dei vincoli europei.
Forse per non farsi trovare «spiazzato» dalle prossime prese di posizioni di Renzi, Enrico Letta sta cercando di modificare l'afflato europeista del governo. Il presidente del Consiglio ricorda che in Europa ci sono «gli ayatollah del rigore, ma di rigore si muore». Il premier sa bene cosa pensa Matteo dei limiti di bilancio imposti. «La regola del 3% (nel rapporto deficit/pil, ndr) è anacronistica», ha detto in passato Renzi. «Per di più è vecchia di 20 anni e sbagliata concettualmente. Ma gli italiani possono dirlo solo se prima dimostrano di voler cambiare le regole».
E non è un caso che «cambiare le regole» nel linguaggio europeo sia sinonimo di riforme strutturali.

Nel 2005 l'Italia promosse con Berlusconi la modifica del patto di Stabilità, il deficit salì al 4%, ma la Commissione condivise quello scostamento: erano state introdotte le riforme delle pensioni (lo scalone) e fiscale. Poi cancellate dal governo Prodi pochi mesi dopo.

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