Ieri c’era solo il vuoto e il silenzio di una comunità ancora sotto shock. Perché nonostante l’ineluttabilità del tempo e delle cose della vita, Silvio Berlusconi era riuscito a tirarsi fuori dall’angolo così tante volte che in molti speravano potesse farlo ancora. D’altra parte, Forza Italia non è solo un partito, ma anche una comunione di storie condivise in decenni, tutte a identificarsi con una leadership unica e indiscussa. Che anche in questi anni in cui il Cavaliere è stato meno al centro della scena rispetto al passato, solo a lui riconosceva l’autorità di decidere cosa fare e cosa no. Ieri è stato il giorno delle lacrime e dello spaesamento, oggi sarà quello della consapevolezza. Poi, dopo i funerali di Stato di domani, si entrerà nel tempo della sospensione. Difficile dire quanto durerà, settimane o forse mesi. Ma il rischio che l’uscita di scena di Berlusconi faccia venire meno quello che in Forza Italia è stato l’unico vero punto di equilibrio per trentanni è più che concreto.
Tensioni e frizioni interne, come è normale che sia in politica e nella vita, ci sono e ci saranno sempre. E fino ad oggi erano in buona parte restate sottotraccia in nome del leader. Presto o tardi, quindi, si entrerà in una fase nuova, dove i deputati azzurri inizieranno a interrogarsi sul loro futuro, su quello di Forza Italia e di un eventuale centro che voglia provare a ritagliarsi uno spazio diverso da quello dove si muovono Fdi e Lega.
L’agenda della politica - italiana ed europea - potrebbe peraltro rendere la partita ancora più incerta. Perché deputati e senatori possono ragionare sul da farsi con una prospettiva di ancora quattro anni di legislatura. È lontana, insomma, la tagliola delle elezioni politiche, dove i leader dei partiti hanno potere di vita e di morte sulle candidature. E questo potrebbe dare più agio a chi immagina il suo futuro fuori da una Forza Italia senza più Berlusconi. Le cronache degli ultimi mesi, d’altra parte, hanno raccontato una parte delle tensioni che hanno accompagnato gli azzurri prima e dopo la formazione del governo. Che ha una maggioranza saldissima, soprattutto alla Camera. Ma che in Senato potrebbe comunque patire - non tanto numericamente, quanto politicamente - eventuali scossoni. E poi c’è l’orizzonte del 2024, quando a fine maggio si voterà per il Parlamento europeo. Con una legge proporzionale (e con le preferenze) che obbliga i partiti - anche quelli che sono nella stessa coalizione - a correre solo per sé, una possibile occasione per testare un eventuale progetto centrista alternativo.
Difficile fare oggi previsione sugli scenari di domani. Non solo perché sono troppe le incognite, ma anche perché al momento non sembra intravedersi una leadership che possa caricarsi un progetto nuovo. È nelle cose, però, il fatto che il centrodestra - orfano di Berlusconi - sposti il suo baricentro, lasciando una zona di campo libero. Su cui, inevitabilmente, proveranno a muoversi Meloni e Salvini. Ma non solo loro.
Sullo sfondo, resta il governo. Perché nonostante le tensioni di settembre e ottobre, in questi mesi il Cavaliere è stato un fattore di stabilizzazione. E per certi versi ha fatto, magari a volte suo malgrado, da cuscinetto a una Meloni e un Salvini che al di là delle dichiarazioni pubbliche non sempre sono in sintonia. Forse non è un caso che già ieri il tema facesse capolino nelle dichiarazioni dei due.
Con il leader della Lega che non ha nascosto la sua preoccupazione, perché da oggi «sarà più difficile mettere d’accordo tutti». Un timore a cui la premier risponde con un impegno: «Andremo avanti uniti, perché questo governo è uno delle sue tante eredità e glielo dobbiamo».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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