«A rischio la sicurezza nazionale»

«A rischio la sicurezza nazionale»

RomaIl governo sta tentando, in extremis, di varare il regolamento che renderà «strategica» la rete infrastrutturale di Telecom. Il testo dovrebbe andare all'esame del Consiglio dei ministri di domani. Una volta che la rete Telecom verrà definita strategica per lo Stato, il presidente del Consiglio potrà esercitare i poteri che gli attribuisce la legge 56 dello scorso anno per bloccarne la cessione.
In pratica, può esercitare i «golden power» per bloccare il passaggio della rete Telecom agli spagnoli di Telefonica. In altri termini la riedizione della vecchia «golden share», ma condivisa dall'Unione europea; per la quale l'Italia era in procedura d'infrazione.
È quasi un anno e mezzo che il regolamento applicativo della legge 56 è fermo nei cassetti dei ministeri interessati (Presidenza del Consiglio, Difesa, Economia, Infrastrutture, Sviluppo economico). A stimolare l'accelerazione è stata - ovviamente - l'intesa che ha permesso agli spagnoli di telefonica di controllare Telco, la scatola finanziaria azionista di riferimento di Telecom.
Un'operazione che, secondo Giacomo Stucchi, presidente del Copasir, «pone seri problemi di sicurezza nazionale, visto che la rete Telecom è la struttura più delicata del Paese». Attraverso la rete - spiega il presidente della Commissione parlamentare di controllo sui servizi segreti - «passano tutte le comunicazioni dei cittadini italiani, anche quelle più riservate».
La rete Telecom è l'infrastruttura realizzata prima della privatizzazione e finanziata con soldi pubblici. Per queste ragioni, Antonio Catricalà la considera «monopolio naturale che, seppur oggi privato, comporta un interesse strategico per l'intera collettività». Ora la rete fa parte di Telecom. Da tempo si parla di scorporarla ed affidarla alla Società delle reti, realizzata dalla Cassa Depositi e Prestiti. L'operazione Telefonica ha accelerato il dibattito sullo scorporo. Che ora può essere «imposto - secondo il viceministro allo Sviluppo economico - anche con una legge».
Enrico Letta non si sbilancia fino a questo punto. Ma rileva che la rete Telecom è «interesse strategico. Non vogliamo perderla». E per riuscirci, lo schema che sembra farsi largo a Palazzo Chigi si dovrebbe articolare in due tappe. La prima: varo del regolamento che attribuisce poteri speciali al presidente del Consiglio sulle aziende strategiche. La seconda: negoziato con Telefonica per scorporare la rete. E se gli spagnoli dovessero opporsi, approvazione di una legge che prevede la separazione tra rete e società. Alla base della determinazione del governo - spiega sempre Catricalà in Parlamento - la circostanza che, come Bernabè, nemmeno il governo era stato informato dell'operazione degli spagnoli di acquisire il controllo di Telco. «Abbiamo le mani libere», dice il vice ministro.
Più cauto, Dario Franceschini. Per il ministro dei Rapporti con il Parlamento «la situazione si risolverà a legislazione vigente e senza nuove leggi». Inizialmente, era cauto anche Letta: «Non ci sono problemi di barriere, né di passaporto per i capitali». Poi, dopo l'allarme del Copasir, anche il presidente del Consiglio ha adottato la linea indicata da Catricalà. D'altra parte, l'attuale viceministro allo Sviluppo economico, in precedenza, è stato sottosegretario alla presidenza del Consiglio e presidente dell'Antitrust (oltre ad essere presidente di una sezione del Consiglio di Stato).
Nel sottobosco romano, comunque, continuano a circolare futuri organigrammi della Telecom, made in Spain. Massimo Sarmi, attuale amministratore delegato di Poste, è indicato come il preferito da Telefonica a prendere il ruolo di Franco Bernabè.

Questo gossip sta scatenando le fantasie di un folto gruppo di manager che ambisce a sostituire Sarmi alle Poste.
La strategia del governo, però, potrebbe convincere gli spagnoli a rivedere i piani originari. In Spagna l'operazione viene vista come una sorta di «salvataggio» di Telecom.

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