Il sì di Montecitorio vale 2 miliardi, più vicino l'obiettivo del 3% deficit-Pil. Dubbi di Bruxelles su debito e ripresa

RomaL'applicazione della «ghigliottina» ha fatto tirare un sospiro di sollievo al governo. Al termine di una giornata che ha visto la Commissione europea non fare alcun passo indietro sui dubbi relativi alla tenuta dei conti pubblici.
Se fosse venuto meno il decreto, infatti, al di là della brutta figura, il governo sarebbe dovuto intervenire d'urgenza per confermare la cancellazione della seconda rata Imu. Ma non avrebbe potuto contabilizzare nel bilancio 2013 gli incassi previsti dal decreto. Il testo, infatti, garantisce quasi 2 miliardi di entrate. Contiene i 500 milioni di vendita di immobili e l'aumento (fino al 130%) dell'acconto Ires ed Irap per banche ed assicurazioni. Per non parlare delle entrate attese dal pagamento delle imposte dalle banche che entrano nel capitale della banca centrale, 1,2 miliardi. Gettito necessario per avvicinare il deficit 2013 quanto più possibile al 3%.
Enrico Letta è sicuro di aver centrato l'obbiettivo. Al punto che, davanti a Barroso, sostiene che «la direzione presa è quella giusta. Ed abbiamo aspettative che ci vengano dati ulteriori spazi di manovra». Insomma, che vengano concessi all'Italia sconti dal calcolo del deficit per le spese per investimenti (la cosiddetta clausola: scatta solo se Bruxelles certifica un indebitamento sotto il 3%. E ciò avverrà il 1° marzo).
Il presidente della Commissione ha minori certezze. Barroso sembra scettico sulla possibilità di applicare all'Italia la clausola che toglie dal deficit la spesa per co-finanziare i fondi europei. Proprio perché non è certo che l'Italia abbia centrato l'obbiettivo di deficit. Mentre è sicuro che non ha rispettato l'obbiettivo di debito.
«L'Italia - dice - è un Paese ancora vulnerabile e fragile. Non c'è motivo di compiacersi: i dubbi negativi persistono». E torna a spronare il governo su privatizzazioni, riduzioni del debito, riforma del mercato del lavoro. E dice di attendersi risultati dalla spending review. Pronto l'intervento di Carlo Cottarelli: garantirà 30/35 miliardi.
Nonostante l'apparente affabilità, Barroso sembra quasi invitare alla cautela il governo ed a «non compiacersi». Letta esalta il dato che nel 2014 il debito italiano inizierà a diminuire e che la crescita sarà dell'1% quest'anno e del 2% nel 2015. I numeri della Commissione sono diversi. La crescita di quest'anno, secondo Bruxelles, sarà dello 0,7%. Ed il debito non diminuirà, come dice il governo, ma seguiterà a crescere. Fino a sfiorare il 134% del pil: come indica anche Standard and Poor's. E le privatizzazioni, se riusciranno a decollare entro l'anno, contribuiranno alla riduzione dello stock di debito per lo 0,3% in due anni. Per questo - dice Barroso - «i dubbi negativi persistono». Anche se poi aggiunge che la Commissione auspica una ritrovata stabilità. E pensa alla riforma della legge elettorale.
E sui temi strettamente politici, Enrico Letta sembra aver smesso di non fidarsi di Matteo Renzi. Anzi, a Bruxelles dà l'impressione di volerlo prendere in parola. Così, il presidente del Consiglio coglie al volo l'apertura del sindaco di Firenze quando dice: se passano le riforme, il governo può durare fino al 2018. Ed annuncia che il «semestre» di presidenza italiana della Ue potrebbe durare, in realtà, 18 mesi: da luglio 2014 a dicembre 2015. Con tutto quel che ne consegue.


Davanti a Barroso, il premier anticipa che suo «obbiettivo è fare un continuum fra il semestre di presidenza, il nuovo Parlamento europeo, la nuova Commissione e l'Expo 2015 di Milano.
Quella di Milano non sarà un'Esposizione italiana, ma europea». E se non si può votare nel semestre di presidenza, non si può votare nemmeno durante il suo «continuum».

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