Saccomanni pronto a mollare: sul vincolo del 3% non si tratta

Il ministro dell'Economia non è disposto ad accettare i «consigli» del rottamatore che invita a sforare i parametri di Bruxelles. Ma sul deficit il governo naviga a vista

Saccomanni pronto a mollare: sul vincolo del 3% non si tratta

Si preannunciano ore difficili al ministero dell'Economia. Matteo Renzi ripete ad ogni occasione che - secondo lui - il parametro del deficit del 3% è anacronistico. E quasi per rispondergli, gli uomini più vicini al ministro dell'Economia sottolineano che Fabrizio Saccomanni ha accettato l'incarico proprio (e solo) per rispettare il tetto del 3%.
Come a dire: se il governo vuole avviare un negoziato a Bruxelles per superare il parametro, si deve cercare un altro ministro. Musica per le orecchie dei renziani.

Il problema è che Saccomanni non avrebbe ancora prodotto una risposta al quesito che - secondo i bene informati - gli avrebbe fatto Enrico Letta qualche giorno fa: nel 2013 siamo o no sotto il 3%? Il premier attende una risposta ufficiale, sebbene i suoi uomini gli abbiano già fatto vedere appunti nei quali l'Italia sarebbe di qualche decimale oltre il 3%. Ed a fine mese, Letta dovrà andare a Bruxelles a difendere i conti del 2013 e la manovra di quest'anno. Ben sapendo che Olli Rehn difficilmente concederà sconti all'Italia.

La Ragioneria generale dello Stato non ha fatto un giorno di ferie durante la pausa natalizia per trovare una risposta rassicurante da fornire al presidente del Consiglio. Ma non l'ha trovata. Al secondo piano del Palazzone di Via venti settembre le cifre sono ancora ballerine. Così, iniziano i distinguo.

Il deficit per il 2013 del settore statale oscilla - secondo gli ultimi calcoli - fra il 2,9 ed il 3,1%. Ed i tecnici stanno cercando di “ammaccare” il dato. Ma sanno che ogni sforzo diverrà inutile quando arriveranno i bilanci degli enti locali e degli enti previdenziali.

Alla Ragioneria dello Stato temono che l'incertezza legata alle sorti dell'Imu abbia spinto molti enti locali a spendere più del dovuto. Ed il blocco della Tesoreria unica, scattato a novembre, non sia riuscito a frenare le spese entro i livelli previsti. Ne consegue che non c'è ottimismo al ministero dell'Economia sul rispetto dei tetti. L'unica speranza, qualora riuscisse l'operazione di “ammaccare” il deficit al 2,9%, sono i tempi.

Il dato ufficiale se l'Italia avrà o meno rispettato il tetto del 3% arriverà - com'è tradizione - il 1° marzo. Quel giorno Eurostat fornisce i livelli di deficit, debito e Pil dell'anno precedente per tutti i Paesi dell'Unione. È probabile che i valori dei bilanci degli enti locali e degli enti previdenziali vengano forniti ufficialmente a Bruxelles nella seconda metà di marzo. Dopo, quindi, il dato ufficiale del deficit. Che terrà conto solo del livello di indebitamento raggiunto dallo Stato (2,9/3,1%) e non di quello del settore pubblico allargato.

Altro elemento che non depone a favore dell'ottimismo è la dinamica del fabbisogno. Sebbene questo valore non possa essere preso come punto di riferimento per il deficit (i due dati contabilizzano le spese in modo diverso), la sua crescita di due punti di Pil in 12 mesi rischia di indicare una tendenza della spesa. È arrivato a pesare il 5,1% del Pil: e sul disavanzo viene calcolato il debito pubblico.

In più, il ministero dell'Economia spiega che l'aumento è stato determinato da spese straordinarie. Ma altrettanto straordinarie sono stati i gettiti aggiuntivi garantiti dall'operazione sugli immobili e dall'aumento degli acconti fiscali.

Insomma, all'Economia sono giorni concitati. Perché un conto è l'intenzione politica di Renzi di rivedere a livello europeo un parametro (il 3%) fissato 20 anni fa. Un altro è il mancato rispetto da parte di Fabrizio Saccomanni del tetto che - per ammissione degli suoi collaboratori più stretti - è la ragione che lo ha spinto ad accettare l'incarico.

Con il risultato che due decimali di punto (la differenza fra il 2,9 ed il 3,1%) possono o meno agevolare l'azione di Renzi verso un rimpasto. Il premier, infatti, può cambiare i ministri solo se questi si dimettono o se si dimette lui.

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