Saviano l'ingrato spara su Marina Berlusconi

Sputa nel piatto in cui ha mangiato. Ma è un paragone che non rende l'idea. Perché nel piatto Mondadori-Fininvest, Roberto Saviano, non solo s'è rifocillato. Quel desco, lo ha divorato con voracità ossessiva e compulsiva. Diventando quel che è grazie a una macchina mediatica – quella stessa contro cui adesso si scaglia - che lo ha scovato, studiato, scelto, lui anonimo scrittore di provincia, rendendolo famoso in Italia e nel mondo con una campagna promozionale e pubblicitaria senza precedenti. E ora che Roberto è diventato Saviano, Roberto si dimentica delle sue origini. Non ricorda chi era, chi è stato fino a poco tempo fa, a chi si è affidato per fare soldi a palate. L'attacco è feroce. La star dell'antimafia di carta su Repubblica ha sparato a zero contro Marina Berlusconi, massacrata dai giornali solo per essere stata chiamata a testimoniare – in qualità di persona offesa – nell'inchiesta sulla presunta estorsione di Dell'Utri al Cav, e le ha rinfacciato che non ha il diritto di lamentarsi del trattamento che le è stato riservato dai media. Occhio per occhio, dente per dente, sintetizza il Nostro. Marina Berlusconi deve tacere perché il suo Gruppo è quello che ha creato la «macchina del fango» che distrugge le vite degli altri, inzaccherandoli con la melma cucinata nelle redazioni degli organi di informazione di famiglia. E se capita a lei, ben le sta. Straordinario.
A stretto giro, a firma del direttore della comunicazione Franco Currò, è arrivata la risposta della Fininvest con una lettera indirizzata al quotidiano di De Benedetti. «Da tempo non prendiamo più in considerazione le ricorrenti ossessioni di Roberto Saviano, e intendiamo proseguire così», ma stavolta lo scrittore, «probabilmente a caccia di quella visibilità che per lui appare un po' in declino, con il consueto fondamentalismo e con raro sprezzo del pudore, arriva all'inarrivabile, al totale capovolgimento della realtà». Totale. «Nell'invettiva titolata La cittadina Berlusconi, accusa quanti lavorano nel gruppo Fininvest – cominciando naturalmente dai suoi azionisti - per quella mostruosa macchina di distruzione mediatica degli avversari al cui inesauribile funzionamento, viceversa, proprio Saviano ha dato e dà un contributo determinante», scrive Currò. E così, giusto per dare una rinfrescatina alla memoria, conviene fare un veloce riepilogo: il Signore degli appelli dà alle stampe Gomorra nel 2006 col marchio Mondadori senza preoccuparsi troppo di quel che oggi scrive. Non ci sono sue prese di distanza, in quel periodo. Quando Saviano è ancora Roberto, e ha bisogno del più grande editore italiano. Incassa le royalties, va alle presentazioni organizzate dal marketing Mondadori, si fa intervistare da Mentana a Matrix, su Canale5. Saviano è talmente preoccupato di non accostare il suo nome alla galassia Berlusconi che, dopo Gomorra, sempre col marchio Mondadori, manda in libreria l'audiolibro del bestseller (2008) e La Bellezza e l'inferno (stesso anno). Quasi in contemporanea, con la Einaudi (che sempre appartiene al gruppo Mondadori) firma La parola contro la camorra. Ora, dopo il passaggio ad altro editore, imbraccia l'Ak47 contro Segrate. «Pensi quel che vuole Saviano di Marina Berlusconi o dei suoi congiunti, ma impari a rispettare le migliaia di persone che nel gruppo lavorano - conclude il direttore della comunicazione Fininvest - non si permetta di definire “eserciti di scherani” professionisti che con il loro impegno contribuiscono ogni giorno a garantire la libertà e il pluralismo nel nostro Paese. E soprattutto anche se ci rendiamo conto di quanto Le possa costare - provi a rispettare la verità, cittadino Saviano». Quella verità che ha portato alla luce i suoi troppi «copia e incolla» (l'ultimo di qualche giorno fa alla presentazione del dossier di Legambiente, da non perdere su internet) le panzane e imprecisioni che talvolta pubblica, gli appelli alla libertà di stampa quand'è il primo a querelare chi osa criticarlo. La verità dello scrittore di Frattamaggiore è sempre più spesso una mezza verità.

Come direbbe oggi il sommo Petrarca «ognuno tende a parlare non per amor di verità ma come gli aggrada». E come gli aggrada a Saviano l'hanno capito anche i suoi fan. Passi per il nervosismo da star in declino, l'irriconoscenza ipocrita no.
(ha collaborato
Simone Di Meo)

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