Schlein naufraga in tv. Allarme dem: non ce la fa

Disastrosa performance dalla Gruber. Pure Giannini la stronca: «Lei non dice mai una parola chiara»

Schlein naufraga in tv. Allarme dem: non ce la fa
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«Avevo i sudori freddi». «Houston abbiamo un problema». Sulle chat interne del Pd ieri, dopo la performance serale di Elly Schlein a Otto e mezzo, si registrava un certo panico: «Non gliela fa, non regge».

Persino nell’entourage più vicino a Schlein non si nega che il debutto tv autunnale sia andato male. Anche se da quelle parti ci si chiede perché «tanto accanimento» della conduttrice contro la leader Pd: un trattamento che Gruber non riserva proprio a tutti: «Vi ricordate com’era rispettosa e delicata con Conte, o persino con Casaleggio jr?», chiede innervosito uno schleinaino. Fatto sta che mettere in difficoltà la segretaria in tv si è rivelato un gioco da ragazzi: «Basta che i giornalisti facciano domande, cioè il loro lavoro», chiosa un parlamentare del Nord. Sul rispetto degli impegni Nato sulle spese militari Elly barcolla: «Sono d’accordo con Scholz che li ha rinviati», afferma (peccato non sia vero, ma questo non lo sanno neppure Gruber e Giannini). Domanda: quindi lei è per dire no? «Abbiamo tante altre priorità».

Sì, ma lei direbbe alla Nato che non rispettiamo gli impegni? «Ce ne occuperemo quando saremo al governo».

Sul Jobs act svicola: referendum o no? «Siamo disponibili al confronto col sindacato». Farà la capolista alle Europee o no? «Non è tema all’ordine del giorno». Usa ancora l’armocromista o no? «È solo un’amica, e poi la moda è politica». Il direttore della Stampa Massimo Giannini, che affianca Gruber, sbotta: «Lei non dice mai una parola chiara, è il vero limite della sua segreteria». E pensare, chiosa un esponente dem, che «è stata Elly, che lo considera un amico, a volerlo in studio».

Il flop tv, arrivato in contemporanea alla disdetta data dalla segretaria Pd alla trasmissione Rai «Belve», cui aveva accettato di partecipare, mette in allarme il partito. Già in ansia per certe smanie accentratrici e «megalomani» della nuova leadership.

Schlein ha annunciato per fine ottobre a Roma «una grande manifestazione sul futuro, la sanità i salari, la casa». Racconta stupito un dirigente laziale dei dem: «Il suo braccio destro Marco Furfaro (ex Sel in procinto di diventare coordinatore del Pd, ndr) ci ha detto che per l’occasione vogliono prenotare piazza San Giovanni o ancor meglio il Circo Massimo». Ossia quello dei «tre milioni» di Sergio Cofferati. Che ovviamente erano molti meno, ma per riempire quegli spazi «ci vogliono minimo 300/400mila persone. Lei a Ravenna, per il suo comizio finale ne ha portate circa mille: le altre chi ce le mette?». Tanto più che la Cgil di Landini già dovrà investire centinaia di migliaia di euro per riuscire a riempire la sua piazza anti-Finanziaria, pochi giorni prima: difficile che dia una mano per quella che considera una manifestazione in competizione con la sua. Intanto gli scricchiolii interni si moltiplicano: il vice-capogruppo Pd imposto da Schlein Paolo Ciani (Demos, ossia sant’Egidio) contesta la scelta di candidare Marco Cappato: «Non ci rappresenta». L’ex capogruppo Luigi Zanda accusa la gestione «padronale» di Schlein e avverte che con il 20% o poco più le Europee sarebbero una sconfitta: «Quando lei vinse le primarie i suoi sostenitori parlavano del 30%», ora lo dimostrino.

L’avviso è pesante. Ma gli schleiniani fanno sapere di avere un piano: «Se le contesteranno un risultato non esaltante, Elly è pronta a dimettersi e a chiedere subito nuove primarie. Tanto, un candidato alternativo non lo hanno».

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