Sciopero «transfemminista» e globale. Contro tutto, o quasi. Per tutte le donne, più o meno.
«Per il settimo anno consecutivo sarà sciopero femminista e transfemminista in tutto il mondo», annunciano orgogliose le militanti di «Non una di meno». E spiegano: «Scioperare l’8 marzo significa prenderci una giornata per stare insieme, per dire insieme no a tutto ciò che non funziona nelle nostre vite e in questo mondo patriarcale e violento». «La giornata - avvertono - è coperta dalla convocazione di sciopero da parte di diversi sindacati».
E vediamole dunque, queste motivazioni dello sciopero, indicate dettagliatamente nelle comunicazioni delle sigle che l’hanno proclamato (Usb, Slai Cobas, Cub). Sono state pubblicate sul sito del ministero per la Funzione pubblica. Quindi se oggi - ma già da ieri sera - si rischia il caos sui mezzi pubblici e nelle scuole, e nei servizi, è per questa piattaforma di rivendicazioni, messe nero su bianco: si sciopera «contro la violenza maschile sulle donne», «contro la precarietà», «contro le discriminazioni», «contro la divisione sessuale del lavoro e il razzismo», «contro la violenza verso le persone Lgbtqipa+», «contro lo smantellamento dello Stato sociale», «contro il peggioramento della condizione generale di vita delle donne». E poi «per il salario minimo», «per i servizi pubblici», «per la redistribuzione della ricchezza». E «per il diritto di sciopero». Anche per questo si sciopera: per il diritto di scioperare. E per molte altre belle cose ancora. Chi si unisce a questa protesta globale può aggiungere le sue motivazioni. Ecco dunque un nuovo florilegio di rivendicazioni. «Per un nuovo modello di scuola!», per esempio. Contro il fascismo sempre e comunque. E, a Milano, per il trasporto pubblico contro lo smog. E i Collettivi studenteschi, per non essere da meno, chiedono «un’educazione sessuale e di genere volta al consenso e al piacere», una «didattica decoloniale», e «una scuola anti-classista», «un'educazione ecologica», «una scuola fondata sulla solidarietà e l*®psicolog* di base accessibile a tutt*».
Vastissimo programma. E visto che non se ne trova traccia nelle motivazioni dei sindacati, speriamo che a qualcuno venga in mente anche la causa delle donne iraniane, che in questi giorni combattono per la loro libertà, e contro l’oppressione integralista del velo religioso. Lo fanno da decenni.
E lo fanno soprattutto da settembre, quando una 22enne fu arrestata e condotta presso una stazione di polizia, da cui uscì in coma, per morire tre giorni dopo. Si chiamava Masha Amini.C’è un mondo intero che lotta contro la repressione feroce del regime. In nome di Masha Amini. Per la vita e la libertà delle donne iraniane. Come è è possibile dimenticarla?
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