Scout falciata sulle strisce L'ubriaco sul Suv resta libero

Suona tutto così maledettamente retorico. «De mortuis nihil nisi bene», dei morti non si dica altro che bene. Eppure stavolta è tutto vero. Altea non è solo il nome di una pianta che profuma, la malva. Altea Trini era una giovanissima ragazza, se vogliamo una piccola donna, 17 anni, lo sguardo e i modi da grande. Tanta passione, i sogni ancora intatti a dispetto di questi tempi cupi, le amicizie calibrate, la voglia di continuare ad essere una scout. Magari niente discoteca il sabato sera, ma l'indomani sveglia presto per una gita fuori porta con gli altri ragazzi, anche quelli più piccoli.
Domenica pomeriggio, la vita di questa ragazza che stava sbocciando nel futuro è stata spezzata come un fiore calpestato. Da un ubriaco. Lui sul suo Suv, bello e bianco, prepotente e padrone come i moderni cow boy delle strisce d'asfalto.
Come ci si sente potenti, quasi intoccabili, da lassù, da quella silenziosa cabina di guida che troppo spesso isola dal mondo. Altea stava attraversano la strada in bici, per l'esattezza su un passaggio pedonale tra Vizzolo Predabissi e Casalmaiocco, nel Lodigiano. Era l'ultima di una quindicina di scout. Gli altri sono passati, il Suv, Range Rover «Evoque», nonostante la frenata dell'ultimo momento, l'ha centrata in pieno. Una bomba su quattroruote, l'ultima cosa che Altea ha visto. È finita in un campo, gli occhi sbarrati al cielo, trecento metri più avanti. Il cuore fermo. I soccorritori arrivati sul posto in elicottero sono riusciti dopo venti minuti a farlo ripartire, l'hanno intubata e quindi portata a Milano, Niguarda, uno dei più attrezzati pronto soccorso della Lombardia. Tutto inutile. Nonostante il disperato tentativo dei medici Altea ha smesso di respirare.
L'uomo che l'ha uccisa (ha 54 anni) invece adesso è a casa sua, a Milano. È stato denunciato in stato di libertà per guida in stato d'ebbrezza e omicidio colposo. Magra consolazione che i carabinieri gli abbiano ritirato la patente. Aveva bevuto il triplo, dicono le indiscrezioni, di quanto avrebbe potuto.
Ieri mattina, sui banchi del liceo biologico dell'Itis Volta di Lodi, gli unici colori che rompevano il lutto erano quelli degli striscioni, delle candele accese, delle fotografie di Altea felice. Nella luce polverosa di un sole che provava a bucare le nubi, i volti dei compagni: tetri, gonfi di dolore, soprattutto di rabbia.
In serata nella chiesa dell'Albarola, il quartiere dove la giovane, figlia unica, viveva con i genitori, si è tenuta una veglia funebre. L'ennesima per una strage continua, centinaia le vittime ogni anno.
Chissà se ieri il presidente della Repubblica Napolitano ha trovato il tempo di leggere la lettera aperta scritta a lui, a Monti e a tutti i sindaci. L'ha vergata Valeria Pulieri a nome del movimento Salvaiciclisti rivolgendosi in primis al vecchi presidente: «Sono sicura che potrà documentarsi e approfondire le dinamiche dell'incidente, e conoscere i particolari del caso per poter avere un'opinione in merito a questa tragedia.

Ma al di là delle informazioni sull'accaduto, quello che mi spinge a scriverle questa lettera è porle con forza una domanda: lei pensa che sia davvero un'incidente? Essere travolti da un Suv mentre si percorre un'infrastruttura pubblica come una strada provinciale - prosegue Valeria - è davvero una fatalità ineluttabile? Permettere a chi ha il veicolo più potente di lanciarlo alla velocità desiderata, è davvero qualcosa di incontrovertibile? Avere la liceità di guidare un mezzo così potente con atteggiamento lieve e distratto, e in questo caso criminale data la velocità, è davvero inevitabile?».
Domande a cui non dovrebbe esserci bisogno di risposta.

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