Se la spending review scherza anche con i santi

Le parrocchie e i Comuni hanno le casse vuote: così l'austerity colpisce le feste patronali, costringendo a cancellarle o a rinunciare a bande e botti

Se la spending review scherza anche con i santi

Non c'è più religione: anche i santi devono far di conto. Perché la spending review non fa sconti neppure alle feste patronali. Che negli ultimi due anni, un po' ovunque, hanno conosciuto il sapore amaro dell'austerity. In qualche caso scomparendo dal calendario dei festeggiamenti, in altri sopravvivendo rinunciando a botti e musica o facendo ricorso ad esperimenti di finanza creativa per salvare il salvabile.
Per dire: a Popoli, nel pescarese, dopo 30 anni lo scorso maggio è saltata la festa quinquennale dell'Arciconfraternita della Santissima Trinità. Non se la passano meglio a Tortoreto, in Abruzzo: la festa dell'Assunta veniva sovvenzionata principalmente dai turisti, ma poiché i vacanzieri sono sempre meno, decimati pure loro dalla crisi, la statua della Vergine rischia di rimanere in sacrestia. Più o meno simile l'aria che si respira a Noto, capitale del barocco siciliano: il 25 agosto, festa estiva di san Corrado, l'Arca simbolo della fede popolare potrebbe non sfilare: servirebbero 60.000 euro. A fine giugno ne erano disponibili 10.000.

Insomma, forzieri vuoti e Santi come operai di una qualsiasi fabbrica: in cassa integrazione. Per questo chi può fa ricorso all'inventiva. Ed apre le porte ai privati. Che non sempre s'accontentano, in cambio, d'un posto nel Regno dei cieli, quando sarà: a Sciacca un istituto bancario s'era offerto di sostituire le maglie dei 100 portatori della Madonna del Soccorso, garantendo indumenti nuovi ma col logo aziendale. La rivolta degli interessati ha fermato l'operazione sponsor, già andata a buon fine a Gaeta nel 2011, con la festa di San Nilo condotta in porto grazie al buon cuore di 112 piccole e grandi aziende, ricambiate con un posticino nel libretto delle manifestazioni. A Messina, invece, per salvaguardare la Vara hanno lanciato la proposta degli sms solidali, dai quali si spera possano giungere nell'arco di un mese 30.000 euro. Si augurano vada meglio che a Modica: nel 2012 il parroco della chiesa di santa Maria di Betlem era andato a caccia di speranza sonante piazzando una ventina di salvadanai in altrettanti supermercati cittadini per tirar fuori dalle secche le celebrazioni della Madonna Vasa Vasa: la colletta s'è fermata a 400 euro.

Quando le cose vanno così, non resta che bussare alle porte dei Comuni. Che però non è che stiano meglio, se a Cuorgnè, nel canavese, il Municipio una chiesa nemmeno sconsacrata, quella dell'Immacolata Concezione, in primavera l'aveva addirittura messa in vendita, prima di affidarla ai Salesiani. Quasi non fa notizia, allora, che a Trapani l'amministrazione comunale abbia tagliato del 25% (da 103.000 a 80.000 euro) i finanziamenti per la secolare processione dei Misteri. Ancor peggio è andata a Nola, in Campania, dove nel giro di un anno si è passati da 300.000 a 70.000 euro per la festa dei Gigli, nell'ambito della quale trova spazio e dignità pure San Paolino. E se per questioni di vile denaro a Ragusa il Comune non è stato in grado di garantire a San Giorgio, per la prima volta in 150 anni, la presenza della banda cittadina, a maggio a Barletta la Madonna dello Sterpeto ha dovuto privarsi persino del palco in piazza: festa (solo) in chiesa, all'insegna dell'austerity.

Una necessità che potrebbe diventare virtù. Di recente la Conferenza episcopale campana ha tuonato: «Non è concepibile che una festa religiosa si riduca a manifestazione paganeggiante, con sperpero di denaro per cantanti e fuochi d'artificio». Le ha fatto eco, una settimana fa, la Caritas diocesana di Barletta: «La gente non ha denaro per le spese quotidiane.

Rinunciate a qualcosa durante le feste patronali per aiutare chi ne ha bisogno: come comunità cristiana dovremmo farlo sempre». Lo dice pure papa Francesco, ma l'Italia dei tanti santi e delle molte processioni esiste. E resiste. 

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