Formigoni: "La sentenza Daccò? Una grande vittoria perché mi scagiona"

Il governatore lombardo al contrattacco: "Per i giudici con il San Raffaele non c'entro. Dunque sono estraneo anche alla Maugeri"

Formigoni: "La sentenza Daccò? Una grande vittoria perché mi scagiona"

Governatore Roberto Formigoni, Pierangelo Daccò condannato a 10 anni per concorso nella bancarotta della Fondazione San Raffaele.

«Una sentenza di primo grado che in tantissimi hanno giudicato sproporzionata».

Quando si parla di sanità, forse è giusto essere severi.

«È una condanna per una bancarotta che non c'è stata. Il San Raffaele non è fallito, ha conservato il suo valore come dimostra la cifra altissima a cui è stato venduto».

Dice così perché i magistrati sospettano di relazioni sue e della Regione con i faccendieri Daccò e Antonio Simone.

«Detto che mi spiace per la condanna di Daccò, proprio la sentenza è una mia grande vittoria».

C'è una condanna pesante.

«Ma la magistratura ha detto chiaramente che nella vicenda san Raffaele Formigoni non c'entra nulla. E, infatti, per me non c'è nessuna condanna».

Restano le indagini sui contributi della Regione all'attività sanitaria della Maugeri.

«Anche lì attendete la magistratura e avrete delle sorprese».

Che sorprese?

«Certi giornali hanno voluto far passare la tesi che ci fosse uno stesso metodo al San Raffaele e alla Maugeri. Ebbene, se Formigoni non c'entra al San Raffaele, non c'entra nemmeno alla Maugeri».

Lei conferma di non aver fatto favori a Daccò e Simone?

«Io sono certo della correttezza dei miei comportamenti».

In un verbale, il direttore amministrativo della Maugeri li definisce dei «veri e propri collettori di tangenti».

«In questi 17 anni sono uscito da 11 processi con le accuse più strane. Succederà lo stesso».

Nei verbali si parla di vacanze ai Caraibi, yacht, ville, cene elettorali pagate da Daccò.

«Sono innocente. Mi sono sempre sottoposto alle indagini e anche questa volta la magistratura giudicante mi darà ragione».

La sua immagine è ormai legata a questi processi. Le spiace?

«All'epoca dell'avviso di garanzia si parlava di un processo immediato perché c'erano prove evidenti e gigantesche. Siamo tornati dalle vacanze e a settembre abbiamo scoperto di un processo a Formigoni da scorporare. Adesso non solo non c'è processo immediato, ma nemmeno un processo in tempi normali, perché i pm vogliono prolungare le indagini».

Forse c'è da ricostruire un sistema complesso.

«Io dico che non ci sono prove. Questa è un'indagine che comincia nel marzo 2010, parliamo di un anno e 7 mesi di indagini. Le pare che se ci fossero le prove non si andrebbe a processo?».

Per Daccò in cella dal 15 novembre 2011 e Simone i magistrati chiedono altri tre mesi di carcerazione preventiva.

«Lo ha scritto il Corriere che nemmeno ai tempi di Mani Pulite si erano viste carcerazioni così lunghe prima della sentenza».

C'è qualcosa che non va?

«Nelle carceri il 42 per cento dei detenuti è in attesa di giudizio. E la metà saranno assolti. Vuol dire che le prigioni sono sovraffollate, ma di innocenti».

La procura scrive che Daccò e Simone devono restare in cella perché «hanno il potere di condizionare Formigoni».

«A me non mi ha mai condizionato nessuno».

Se lei come dice è innocente, che motivo ci sarebbe di tenerla dentro questo processo?

«È un vergognoso attacco per destabilizzare la più importante Regione d'Italia. Che, guarda caso, è amministrata da anni dal centrodestra. E bene».

Dirà mica che è un complotto?

«Dico che dopo aver fatto cadere lo scorso novembre Silvio Berlusconi senza nemmeno un voto di sfiducia in parlamento, hanno puntato il secondo bersaglio più grosso: la Lombardia».

Hanno chi?

«Gruppi finanziari, editoriali, politici».

Qualcosa ci

sarà.

«La sentenza del San Raffaele dice chiaro che non c'entra Formigoni, non c'entra Lucchina (l'ex direttore generale della Sanità lombarda, ndr), non c'entrano funzionari. Nemmeno l'usciere di Regione Lombardia».

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