Migranti, stretta di Piantedosi: no ai grandi centri di accoglienza

Il ministro dell'Interno ha escluso l'apertura di grandi centri di accoglienza: verranno potenziati gli hotspot per ridurre la pressione migratoria sulle aree principali di sbarco

Migranti, stretta di Piantedosi: no ai grandi centri di accoglienza

Da Matteo Piantedosi arriva un secco "no" all'apertura di grandi centri di accoglienza. L'accoglienza diffusa dei migranti passerà attraverso i Centri di accoglienza straordinaria (Cas) e il Sistema di accoglienza e integrazione (Sai), mentre è stata esclusa in via categorica la nascita di grandi strutture. Il ministro dell'Interno ha avanzato la propria linea in occasione dell'incontro con i governatori delle Regioni.

L'obiettivo fissato da Piantedosi è chiarissimo: per ridurre la pressione migratoria sulle aree principali di sbarco, come ad esempio Lampedusa e la Sicilia orientale, si intende ampliare la rete dei centri di primissima accoglienza. In sostanza verranno potenziati gli hotspot per il triage dei nuovi arrivi. Al termine della riunione straordinaria della Conferenza delle Regioni e delle province autonome è emersa condivisione sull'orizzonte che predilige il modello dell'accoglienza diffusa rispetto a quello dei grandi centri.

La decisione è stata presa in seguito a un vertice a cui hanno preso parte anche Nello Musumeci (ministro per la Protezione civile) e il commissario per l'emergenza immigrazione Valerio Valenti. Dal Viminale viene fatto sapere che si è trattato di un "confronto costruttivo, che si è svolto all'insegna dell'assoluta collaborazione istituzionale". L'incontro è stato utile per fare il punto della situazione per quanto riguarda la gestione dei flussi migratori.

La volontà è quella di far partire un tavolo tecnico per il coordinamento permanente tra il commissario per l'emergenza immigrazione e le Regioni sul tema dei flussi migratori. Stando a quanto appreso e riferito dall'Ansa, le Regioni - che hanno accolto la proposta - si sarebbero dette disponibili a una collaborazione che ricalchi il modello Ucraina. In pratica si tratterebbe di seguire lo stesso "schema" adottato per i profughi ucraini. Nella fase successiva ci saranno tavoli con ciascuna Regione.

Nello Musumeci si è detto fiducioso sul fatto che i presidenti delle cinque Regioni che hanno negato l'intesa sulla dichiarazione dello stato di emergenza "possano rivedere la loro posizione". Il ministro per la Protezione civile ha spiegato che la scelta di procedere in tal senso non è altro che "la naturale, inevitabile conseguenza di un flusso migratorio mai registrato nel passato". Si vuole agire ora proprio perché si teme che le 40mila persone sbarcate in appena quattro mesi possano essere "solo un antipasto rispetto ai flussi che potremmo registrare fra qualche mese".

Facilitare gli interventi sul territorio per consentire un'accoglienza diffusa in un contesto normativo semplificato viene considerata "una priorità per ridurre disagi e promiscuità alle migliaia di migranti affluite sulle nostre coste".

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