Quando le primarie non piacciono, si trova il modo di annullarle. Lo dimostra il caso di Sulmona ( L'Aquila), dove si andrà a votare a fine maggio per il rinnovo di sindaco e consiglio comunale, ma non ci si mette d'accordo su chi candidare per il centrosinistra, perchè il Pd si è spaccato.
Non che il voto delle primarie del 20 gennaio scorso non sia stato chiaro: ha stravinto con 1.341 consensi il commercialista e consigliere comunale Giuseppe Ranalli, sostenuto da Idv, liste civiche e giovani del Pd e poi appoggiato anche dal Sel. Solo 762 voti aveva avuto il suo competitor al secondo turno, il renziano Antonio Iannamorelli e già prima erano stati sbaragliati altri 2 candidati sempre Pd e uno di Sel.
Il risultato, però, non piace ai vertici locali del Pd. E dopo le elezioni politiche, i democratici decidono di rimettere tutto in discussione.
Quel voto, dicono, non è valido. Sostengono che l'Idv non esiste più e che la coalizione va ripensata perchè si stanno aggregando nuove forze.
Quello della cittadina abruzzese sarebbe il primo caso in Italia di primarie completamente disattese e in queste settimane ha provocato una forte protesta, soprattutto tra i sostenitori di Ranalli.
Tra l'altro, i tremila elettori del centrosinistra che hanno partecipato alle primarie hanno pagato un euro a testa e ora molti chiedono il rimborso. Si parla addirittura di una «class action» per ottenerlo.
Un'altra possibilità la illustra uno degli elettori partecipando alla trasmissione di una televisione locale, Onda Tv. Esprime, anche a nome di molti altri, l'indignazione verso un comportamento che definisce scorretto. E afferma: «Visto che abbiamo dovuto pagare un euro e non è servito a nulla, proponiamo di versare l'intero incasso in beneficienza alla grande organizzazione medico-umanitaria Medici Senza Frontiere. Almeno, daremo un senso alla nostra partecipazione alle primarie».
A Sulmona si svolgono assemblee incandescenti e trattative segrete, si protesta in piazza, ci si accapiglia su come uscire dallo stallo.
Il Pd locale è spaccato, ma prevale la volontà di invalidare le primarie, anche se i vertici regionali democratici si rendono conto del danno d'immagine e premono in direzione opposta.
Si cerca l'accordo con Ranalli per fargli digerire un allargamento della coalizione, ma in realtà si preferisce farlo fuori. E mentre la scadenza per la presentazione delle liste si avvicina, rimane l'incertezza più assoluta.
Ranalli, nell'ultima manifestazione, appare deciso a non mollare. Difende il valore del voto di tremila cittadini alle primarie e la sua investitura popolare. Ricorda che esiste una carta d'intenti, sottoscritta dai candidati alle primarie, da rispettare anche in caso di ampliamento della coalizione. Si appella direttamente al popolo delle primarie.
Ma il Pd l'ha già scaricato. «È Ranalli che si è tirato fuori da solo - dice il segretario regionale del Pd, Silvio Paolucci, in un'assemblea degli iscritti -. Le elezioni politiche ci hanno indicato che le cose sono cambiate e lui non ha accolto la nostra proposta ad allargare la coalizione».
L'ex sindaco di Sulmona, Bruno Di Masci, rincara la dose: «Dove andiamo solo con Sel e i residuati bellici dell'Idv? Dobbiamo battere non solo il Pdl, ma il Movimento 5 Stelle».
A proposito di grillini, circola un'altra storia curiosa a Sulmona, di un candidato che viveva fuori città ma è tornato a vivere con la mamma prima delle elezioni politiche, perchè gli era indispensabile il certificato di residenza.
Tornando a Ranalli, il vincitore delle primarie non viene riconosciuto come tale. E mentre lui inaugura il comitato elettorale, fiducioso in una vittoria a maggio, il Pd pensa a designare un altro candidato sindaco. E circola già un nome, quello dell'ingegnere Fulvio Di Bendedetto.
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