Toh, adesso la sinistra uccide il popolo della rete

Prima era un oracolo da consultare e un termometro con cui misurare gli umori della società. Ora che non serve più per attaccare il Cav i giornali di sinistra scaricano la rete. E torna la vecchia insofferenza per la voce del popolo

Toh, adesso la sinistra  uccide il popolo della rete

Adesso la sinistra chiude nel cassetto il popolo della rete. Twitter? Fa schifo. Facebook? E' una roba da ragazzini. I commenti dei lettori? Non servono a un fico secco. Ma come? Cos'è successo? Gli alfieri della libertà di informazione, del diritto di critica ai limiti della diffamazione adesso buttano a mare la web vox populi? Sì, adesso sì. Quando Silvio Berlusconi era presidente del Consiglio tutto faceva brodo. Anche il commento anonimo lasciato su un forum disperso nella rete andava bene per tuonare che "il popolo del web" se la prendeva col governo, e via con lezioni di sociologia (d'accatto) e analisi da sondaggista (approssimativo). Ora invece inizia a esserci il fastidio per il popolo bue che parla e straparla di tutto. La primavera ci porta questa nuova allergia al vociare della gente.

Gli stessi che riempivano paginate con gli umori del web oggi stampano i manifesti funebri: "Il popolo della Rete è morto". Per carità, il dubbio che questo benedetto popolo invisibile non sia mai nato, ce lo abbiamo anche noi. Non è questo il punto. Basta vedere Twitter: esiste da anni, ma ora che è stato rilanciato dai media sembra il supremo termometro della temperatura sociale, quello su cui misurare le febbri da mettere in cima alla cartella clinica del Paese. E' un indicatore, come ce ne sono tanti e neppure dei più significativi. E piuttosto tendenzioso. Durante l'ultima puntata delle Invasioni barbariche i top trends italiani erano dominati da hashtag dedicati alla Bignardi, ma alla fine il programma ha raccolto solo seicentomila spettatori. Ha vinto l'audience di Twitter, ma ha perso quello televisivo battuto da Stanlio e Ollio. E questo ci spiega quanto sia strabico e sbilanciato questo termometro.

Oggi però una certa intellighenzia, quella che prima interpellava il web come un oracolo, suona le campane a lutto per gli internauti. Non fanno più comodo, mettiamoli sotto un metro di terra. Per il Corriere.it i commenti dei lettori in calce agli articoli non servono più: troppo litigiosi e volgari. Michele Serra scrive che Twitter gli fa schifo perché è troppo snob. Detto da lui è un po' come se Diliberto dicesse che Cossutta gli sta sulle balle perché è comunista. E poi ci si mette pure il Fatto quotidiano che dopo aver fatto da cassa di risonanza a tutti i mal di pancia del web ora ne decreta la morte. Il problema c'è, ed è tutto giornalistico, lo spiega bene il Foglio: "Giornalisti basta pezzi su quello che la gente scrive su Twitter. Non è una notizia e se voglio saperlo apro Twitter". Twitter mi ha anche detto che sono morti Fidel Castro, Adele e Mister Bean. Invece sono vivi e vegeti e probabilmente si stanno anche un po' grattando.

Tutte le realtà del web, dai blog ai social, sono uno spaccato della realtà. Una volta il cronista si faceva un giro al bar per auscultare la pancia del Paese e ora si fa anche una passeggiata nelle piazze più frequentate della rete. Il web non è morto, è vivo, vegeto e sempre più popolato. Lo dimostrano i dati che ci mettono tra i primi paesi in Europa nell'utilizzo degli smartphone.

Gli italiani, leggono, scrivono e condividono. Il "popolo delle rete" è un'etichetta claustrofobica. Ma i popoli della rete, esistono. E noi continueremo a raccontarveli.

Twitter: fmdelvigo

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