Tremonti: «La prima casa resta detassata»

nostro inviato a Cernobbio (Como)

Sbuffa e fa le facce, Giulio Tremonti, a chi lo insegue per chiedergli lumi sull’oggetto misterioso del giorno, quella «service tax» che evocata dal collega Roberto Calderoli potrebbe in futuro sostituire l’Ici. Ma che, nel presente, è un fastidioso montarozzo sulla via che mena al federalismo.
«Abbiamo detassato la prima casa e resta detassata», taglia dapprima corto il ministro dell’Economia, per non lasciare più adito a dubbi. Poi spiega perché è opportuno rimandare ogni discorso politico in materia. «Realizzare il federalismo fiscale da metà settembre al 31 dicembre, come noi vorremmo - dice - non significa non avere fretta, ma pedalare da adesso. Solo che prima di parlare di federalismo fiscale, serve una banca dati condivisa. La bozza è grossomodo quella elaborata dalle Regioni, ma formulato quel testo e raccolto un consenso generale - ribadisce - il primo passo è appunto una banca dati condivisa, senza la quale non si possono compiere scelte politiche». Insomma, non si può parlare tanto per parlare. Per dirla con Luigi Einaudi, bisogna conoscere per deliberare.
E dice molte altre cose, il ministro, parlando a nome della squadra di governo. Partendo dal dato che nei primi 116 giorni, agosto compreso, «abbiamo fatto quello che dovevamo e potevamo fare». Oltre alla già ricordata casa, «abbiamo detassato gli straordinari e questo sarà confermato. Sul fronte dell’ordine pubblico la gente si accorge che c’è più polizia e sicurezza. Sono stati sistemati i mutui, che per tante famiglie si mangiavano via la casa. Abbiamo pulito e messo a posto Napoli. Pensiamo di aver messo a posto l’Alitalia. E, soprattutto, abbiamo anticipato a prima dell’estate e stabilizzato per tre anni il bilancio, cioè la finanziaria, come si fa in Europa». E in Italia, ricorda, «è la prima volta che accade».
Anche per questo - insiste Tremonti - a chi sostiene che tra il governo e gli italiani sia «finita la luna di miele, io dico che non è così. Cinque anni sono lunghi e faremo di più. Il problema per noi non è la luna di miele, ma sono le nozze d’argento». E allargando il concetto, parla di una assoluta novità, di un «dato politico positivo: rispetto al passato è caduta la pregiudiziale negativa contro il governo, quale che fosse. Ora gli italiani sono aperti al giudizio, ma non al pregiudizio».
Atteggiamento mutato grazie anche al fatto che la gente ha scoperto che questo governo non si può incasellare. In quanto «noi forse abbiamo idee, giuste o sbagliate, ma di certo non abbiamo ideologie. Non perché non abbiamo letto i libri, ma proprio in quanto li abbiamo letti». Così, non solo non siamo fascisti o comunisti, ma nemmeno «liberali o statalisti. E non ci riconosciamo neanche nelle ultime due ideologie marginali del Novecento: il nullismo del ’68 e il mercatismo». Il primo ancora incistato nella scuola, «macchina improduttiva che mangia pezzi del passato e del futuro». Il secondo divenuto pericolosa idolatria della finanza, perché «c’è molta più moralità in un prodotto industriale, in un’auto, che non in un titolo future».
Ultimo capitolo del Tremonti dixit è il futuro: «A fine crisi il nostro Pese sarà più forte di prima e più forte degli altri.

Il Pil di molti altri Paesi, invece, è gonfiato da immobili e finanza». Poi la proposta: il governo proporrà all’Ecofin «di trasformare la Bei in una grande Cassa depositi e prestiti europea che diventi il fondo sovrano a livello continentale».

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