"Uccisero perché immature". Così si giustifica un delitto

Due adolescenti un anno fa soffocarono un pensionato di Udine. Le perizie derubricano l'omicidio a una questione di carattere

L'insostenibile bipolarismo della legge. Incapaci di intendere e di volere quando uccidono; normalissime, bravissime, «non pericolose», nel resto delle loro angoscianti esistenze. Un altro processo, l'ennesimo, con lo stesso estenuante, ipocrita copione, si apre a Udine. La storia sa di imbarazzante déjà vu. Sul banco degli imputati due ragazzine minorenni. L'accusa: aver ucciso un pensionato che le aveva approcciate sessualmente. Il passaggio in auto, qualche avances, mezze frasi e sottintese promesse. Fino all'epilogo drammatico, forse non voluto di certo compiuto. L'omicidio. Il molestatore, acciaccato dagli anni e da insane fantasie, finì, quel 7 aprile 2013, la propria corsa soffocato dalle botte delle sue giovanissime prede. Dall'altra parte dell'Oceano, 500 minorenni senza speranze- condannati all'ergastolo- scrivono a Papa Francesco chiedendo conforto per sognare un futuro negato a norma di legge. Da noi, in questo ordinamento sofista e bizantino, si scordano passato e presente. Dove sta la giustizia? Quale il confine tra espiazione e redenzione?

Avevano 15 anni le adolescenti friulane che confessarono di aver «involontariamente» ammazzato Mirco Sacher, ferroviere pensionato di 66 anni, dopo essersi appartate con lui in un stradina la città finisce in campagna. Volevano rapinarlo, la mezza ammissione. Secondo le perizie tecniche l'uomo mori per strozzamento con contemporaneo schiacciamento dell'addome e del torace. Le due «Thelma e Louise» gli erano salite sopra a cavalcioni, in un «gioco» che gioco non era. Ma ecco qua, «nel tempo delle mele», anche un delitto si può spacciare per tale. Le due adolescenti si trovavano «in una condizione di profonda immaturità, con una sofferenza priva di rappresentazione, che le rendeva incapaci di intendere e di volere». È la conclusione cui sono approdati lo psichiatra Mario Novello, responsabile del dipartimento di salute mentale dell'Ass Medio Friuli, e la psicologa Erika Jakovcic, incaricati dal Tribunale dei Minorenni di Trieste. «Attualmente - precisano i periti con due conclusioni analoghe -, le due ragazze hanno la capacità di partecipare coscientemente al procedimento e non sono socialmente pericolose».

I giudici potranno dunque processarle, ma già si intravede il possibile esito: condanna sì, ma pena minima, per non dire nulla vista la loro condizione. Di minorenni e «incapaci». «Se lasciate in libertà» - dichiarò il Gip Laura Raddino, nell'ordinanza di convalida del fermo- c'è il pericolo che le due commettano altri gravi delitti della stessa specie di quello per cui si procede». Aggiungendo poi: «Non solo si sono mostrate reticenti su circostanze aventi rilievo pregnante, quale il possesso della tessera bancomat della vittima, ma stanti alcune incongruenze e inverosimiglianze nei loro racconti, hanno anche mostrato di essere in grado di concertare una comune linea difensiva di comodo». Nemmeno un anno è trascorso, ma oggi i lupi sembrano, come per incanto, agnelli.

Quale delle due? In America finirebbero a vita dietro le sbarre, qui- come gia visto in mille casi, da Novi Ligure a quello della suora massacrata a Chiavenna- si rischia di liquidare tutto con un buffetto di rimprovero, un po' di comunità di recupero- e via. Delitto senza castigo.

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