La mafia stermina una famiglia intera: lui (pregiudicato) si fa scudo col bimbo

Ucciso pure il compagno della donna già condannato per duplice omicidio Scampati all'agguato i due fratellini

La mafia stermina una famiglia intera: lui (pregiudicato) si fa scudo col bimbo

Taranto - Quando il fascio di luce della torcia dei carabinieri ha illuminato l'auto, sono affiorati i volti spaventati dei bimbi: non parlavano, singhiozzavano, erano immobili, inchiodati al sedile posteriore con lo sguardo che rifletteva l'orrore di una serata di morte. Loro, 8 e 6 anni, sono i superstiti di una strage pianificata con lucida ferocia che ha falciato il destino del fratellino, che ad agosto avrebbe compiuto 3 anni: il bimbo, Domenico Petruzzelli, è stato ucciso a colpi di mitraglietta insieme alla madre, Carla Maria Fornari, 30 anni, e al compagno della donna, Cosimo Orlando, 43 anni, pregiudicato per duplice omicidio che, dopo aver scontato parte della condanna, era in semilibertà.

Erano tutti a bordo di una Matiz rossa sulla statale che collega Taranto a Reggio Calabria, vicino allo svincolo per Palagiano Sud. Un'esecuzione che non ha risparmiato un piccolo nato 3 mesi dopo l'omicidio del padre, che portava lo stesso nome: l'uomo fu assassinato nel maggio 2011 in un altro capitolo della guerra tra clan che insanguina da tempo la provincia di Taranto, un agguato documentato passo dopo passo dalle cimici piazzate su un'auto dalla polizia, che però non ebbe il tempo di intervenire; la moglie della vittima, Carla Maria Fornari, si costituì parte civile nel processo che si concluse in primo grado con 3 ergastoli. Non è chiaro se ci siano collegamenti con la strage dell'altra sera. Ma appare certa la matrice mafiosa. Gli inquirenti sospettano che possa essersi trattato di una vendetta nei confronti di Orlando, responsabile di un duplice omicidio compiuto nel novembre del '98 per contrasti nel mondo della droga. L'uomo sapeva di essere nel mirino; e l'altra sera in auto, stringeva Domenico tra le braccia. Secondo gli investigatori forse non era un caso: i carabinieri non escludono che questa fosse parte di una strategia ormai diffusa tra le cosche pugliesi, e cioè il tentativo di scoraggiare eventuali sicari e allontanare – è una delle ipotesi - l'ombra di un agguato, con il volto luminoso di un bambino innocente.

I killer hanno sparato una ventina di colpi con una mitraglietta. Alla guida della Matiz c'era la donna, accanto a lei Orlando col piccolo Domenico, sul sedile posteriore i fratellini. Vivevano a Palagiano, ma erano diretti al carcere di Taranto perché il 43enne ogni notte rientrava in cella. Ai carabinieri è giunta la segnalazione di un'auto ferma in modo strano, quasi «adagiata» sul guardrail, come se fosse stata coinvolta in un incidente. Poi il sopralluogo, i corpi crivellati dai proiettili, i volti dei fratelli più grandi scampati a quella pioggia di fuoco e rimasti per almeno venti minuti da soli, accanto ai cadaveri. «I bambini non si toccano», c'è scritto su un manifesto affisso ieri sui muri della scuola frequentata dai superstiti; la preside, Laura Gioia, lancia un appello: «Ora dobbiamo pensare ai piccoli, dobbiamo stringerci forte intorno a loro».

L'arcivescovo di Taranto, monsignor Filippo Santoro, esprime «dolore e sconcerto», il

ministro dell'Interno, Angelino Alfano annuncia l'invio in provincia di Taranto di 60 tra poliziotti e carabinieri mentre il premier, Matteo Renzi, dichiara: «Un dolore atroce, da padre, prima ancora che da presidente del Consiglio».

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