Vendola indagato per l'Ilva "Cercò di favorire l'azienda"

L'imputazione dei pm è di concussione per aver tentato di ammorbidire le relazioni sui controlli ambientali. Lo sfogo intercettato: "Arpa Puglia può andare a casa, ha rotto"

Vendola indagato per l'Ilva "Cercò di favorire l'azienda"

Per lui, fondatore di un partito che si fregia di orgoglio e identità ambientalista già nel nome, è probabilmente l'amarezza più grande, nulla a che fare con l'altra tegola giudiziaria superata con l'assoluzione in aula a Bari; no, quello che arriva adesso da Taranto assume invece i contorni di un colpo durissimo per Nichi Vendola: perché gli atti della Procura in qualche modo lo collocano in un ingranaggio che secondo gli inquirenti era un sistema per coprire e agevolare proprio quel cosiddetto «certo capitalismo» - come egli stesso lo ha definito anche ieri in un'accorata autodifesa - più volte individuato come bersaglio della sua linea politica. Fatto sta che a metà mattinata si solleva una nuova bufera sul leader di Sinistra ecologia e libertà: il governatore risulta infatti iscritto nel registro degli indagati nell'ambito dell'inchiesta sul disastro ambientale targato Ilva.

Il reato ipotizzato è concussione: per gli inquirenti Vendola avrebbe boicottato il direttore generale dell'Arpa, Giorgio Assennato, mettendogli i bastoni tra le ruote ed esercitando pressioni affinché ammorbidisse la sua intransigente posizione nei confronti del siderurgico. Il tutto ispirato dai vertici aziendali. Il governatore respinge le accuse, convoca i giornalisti e con voce perentoria e solenne assicura che «non c'è alcuna ombra sull'amministrazione della Regione Puglia». Ma le conclusioni della Procura di Taranto vanno in una direzione diversa. E l'inchiesta, con 53 indagati, coinvolge fette consistenti e di assoluto primo piano del centrosinistra: sono accusati di favoreggiamento l'ex assessore alle politiche giovanili e attuale deputato di Sel, Nicola Fratoianni, e l'assessore regionale all'Ambiente Lorenzo Nicastro, ex sostituto procuratore del tribunale di Bari che dopo aver indagato sull'ex presidente della Regione, Raffaele Fitto (Pdl), lasciò la toga per candidarsi con l'Italia dei valori, una scelta che gli valse una bacchettata dell'Associazione nazionale magistrati.

Secondo la procura di Taranto, Nicastro e Fratoianni avrebbero tentato di porre il governatore al riparo dai guai negando le presunte pressioni nel corso di un interrogatorio con la Guardia di finanza. Ma non è tutto. Tra gli indagati c'è anche il sindaco, Ippazio Stefàno, esponente di Sel: per lui viene ipotizzato il reato di omissioni in atti d'ufficio perché secondo gli inquirenti era a conoscenza della drammatica situazione ambientale, ma non sarebbe intervenuto. «Ritengo di aver fatto quello che potevo e dovevo», dichiara il primo cittadino aggiungendo di essere pronto a produrre «documenti e lettere».

Anche Vendola annuncia l'intenzione di presentarsi il prima possibile dinanzi ai magistrati. Il governatore si mostra ottimista, spiega che «la verità arriverà immediatamente» pur ammettendo «grande turbamento» e rivendica il lavoro svolto per tutelare l'ambiente. Nell'avviso di conclusione delle indagini la Procura scrive che l'incarico del dirigente dell'Arpa era prossimo alla scadenza e il presidente della Regione Puglia, «mediante implicita minaccia della mancata riconferma» avrebbe costretto Assennato ad ammorbidire la sua posizione «nei confronti delle emissioni nocive prodotte dall'impianto siderurgico dell'Ilva», offrendo quindi la possibilità «di proseguire l'attività produttiva ai massimi livelli, come sino ad allora avvenuto, senza perciò subire le auspicate riduzioni o rimodulazioni».

Nelle carte spuntano alcune intercettazioni, come quella in cui Vendola nel corso di una conversazione con i suoi collaboratori esprime «disapprovazione, risentimento e insofferenza» verso l'Agenzia regionale per l'ambiente «tanto da sostenere – scrive sempre la procura riportando una frase del governatore – che “così com'è Arpa Puglia può andare a casa perché hanno rotto”».

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