Il virus mangia-Italia

Un'azienda bloccata da oltre un mese in attesa del collegamento elettrico. Un imprenditore non trova giovani italiani da assumere per il suo albergo

Il virus mangia-Italia

Sentite questa e arrabbiatevi. Un piccolo imprenditore compra un nuovo macchinario. Lo deve attaccare alla rete elettrica. Passa circa un mese e nessuno all'Enel se lo fila. Nonostante le promesse è ancora senza corrente. Perde clienti e posti di lavoro. Certo all'Enel, società in parte privatizzata, debbono occuparsi delle decine di miliardi spesi per comprare Endesa a debito. Devono affrontare il calo del consumo elettrico che non ripaga i loro investimenti. Ma al nostro piccolo imprenditore brianzolo interessa poco. Grazie alle inefficienze burocratiche del moloch, rischia di saltare.
Qualche chilometro più in là, un imprenditore del settore alberghiero ha bisogno di una pattuglia di camerieri. Offre un buon contratto, ma duro. Cinque mesi di lavoro, ma tutti i giorni, domeniche comprese. L'imprenditore fa il giro delle sette chiese (siamo certi che il Santo Padre ieri non si riferisse a queste domeniche) e delle scuole, ma non becca nessun italiano. Solo stranieri disponibili a lavorare ininterrottamente per cinque mesi e poi si vedrà.
Ripassiamo per Milano. Un agente di commercio si becca la finanza a casa per una presunta clamorosa evasione. Il tutto si rivela un clamoroso abbaglio. Agenzia e Gdf non mollano. Hanno speso un mucchio di soldi per l'accertamento; qualche cosa da nascondere il nostro povero cristo dovrà pur avercelo e lo mettono sotto i riflettori (compresi i prelievi con bancomat di cui chiedono ragione per gli ultimi quattro anni). Nel prossimo futuro vi diremo come sarà andata a finire.
Le prime due storie le leggete nelle pagine interne, la terza quando si risolverà. Qual è la morale? Semplice. Ha ragione Baudelaire, che non era un economista, e i suoi Fiori del male: all'inferno si scende a piccoli passi. È così che l'Italia sta fallendo: con piccoli e diffusi comportamenti concludenti che ammazzano l'impresa privata. La grande impersonale multinazionale che dei piccoli se ne fotte, anche senza cattiveria, ma per pura sciatteria. E poi la nostra pancia relativamente piena che nessuna statistica riesce a misurare. Si dice che la disoccupazione giovanile sia al 43 per cento. È una balla. Essa è elevata, ma intorno al 12 per cento. La prima percentuale (praticamente un giovane disoccupato ogni due) non tiene infatti conto dei milioni di giovani che studiano o che non cercano lavoro e che dunque disoccupati veri non sono.

Terza criticità è infine quell'ansia da prestazione che i nostri burocrati dotati di potere sanzionatorio provano nei confronti di chiunque abbia un lavoro indipendente. È il combinato di questi tre virus (grande, privato e pubblico) che ci sta uccidendo.

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