Inzaghi: "Ricordo tutti i miei 63 gol, come fossero figli"

L’attaccante rossonero, diventato il bomber più prolifico nella storia delle coppe europee, è soprannominato "Alta tensione Pippo": fulmina i portieri

Inzaghi: "Ricordo tutti i miei 63 gol, come fossero figli"

Milano - Lo chiamano «alta tensione Pippo» per un motivo semplicissimo. È minuto e compatto nel fisico, non ricorda certo Nordhal e nemmeno Van Basten, elegante come un ballerino, non ha grande tecnica, ma un fiuto unico, che lo porta sempre e puntuale all’appuntamento con il gol. Perciò lo chiamano «alta tensione Pippo»: è come una scarica elettrica che si abbatte una volta sul portiere e una volta sul malcapitato difensore. Entrambi ne restano inceneriti. Che sia il primo o l’ultimo sigillo della sua strepitosa serie, l’interessato, Filippo Inzaghi, detto Superpippo, nato bomber in un paesino del Piacentino, non fa differenza alcuna. E tratta le sue creature come figli, amandoli uno a uno, ammettendo di riconoscerli a distanza, ricordandone data e modalità.

Pippo Inzaghi è sempre stato così, da ragazzino fino a martedì sera, dentro San Siro: un assatanato del gol. Donne e gol riescono ad eccitarlo, quasi niente i motori. Per rincorrere gli uni, è capace di dimenticare le altre, come gli accade puntualmente quando arriva a casa sua il mercoledì sera di ogni settimana. È mamma Inzaghi a far piazza pulita di ogni presenza femminile e a cucinargli i «mangiarini» giusti, a scandirgli gli orari da atleta, a sorvegliare il riposo del guerriero.

Da ragazzo, i tecnici del paese gli sbarrarono la strada. Tra lui e Simone, suo fratello, non avevano dubbi. «Vedrete, nel grande calcio arriverà Simone e non Pippo», racconta papà Inzaghi. E invece Pippo dimostrò presto, a tecnici e addetti ai lavori, che nel calcio c’è bisogno di tecnica certo, di vocazione d’accordo, di fisico va bene, ma anche di una straordinaria bussola. E lui cominciò subito a farsi largo tra bomber di fama internazionale. A Parma il primo dei suoi 63 gol targati Uefa, rivisto in televisione, a sorpresa, martedì notte, sugli schermi di Sky. «Me lo ricordo benissimo», la sua frase a dimostrazione che i gol sono proprio come figli, parenti stretti, impossibile dimenticarne uno che sia uno. 63, meglio di Gerd Muller, in 97 partite, che è poi l’altro numero che conta: una media stratosferica, rimessa in sesto non appena, alla balda età di 34 anni, Filippo Inzaghi ha riguadagnato la salute, dimenticando il calvario di Anversa, e sospinto il suo Milan verso Atene, dopo averlo tirato fuori dai guai in Baviera e a Montecarlo. 87 gol griffati Milan tra il settembre del 2001 (la stagione del suo arrivo tra sospetti e critiche, «non si combina con Shevchenko» scrissero i soloni) e la notte del 4 dicembre 2007 sono un percorso pieno di buche traditrici, ma anche di trionfi e di magnifiche soddisfazioni.

Un tempo, a Torino, con la Juve, non sopportava le sostituzioni. Con Ancelotti allenatore metteva le mani avanti. «Tanto lo so chi deve uscire per primo» sfotteva pensando di guadagnarsi l’esonero dal cambio. Poi, a Milano, cambiò tattica. E prima di volare a Glasgow fece all’allenatore: «Lo sai perché non hai mai vinto a Glasgow? Perché non ho mai giocato io». Sarà per questo che Ancelotti ha preso a utilizzarlo in modo sublime. E tutte le volte che lo ha schierato ne ha raccolto le strepitose imprese balistiche. Dalla prima all’ultima, quella di Atene che ancora è affissa in bacheca, a via Turati, con tanto di maglia dedicata all’evento, la settima coppa dei Campioni della real casa.

Fu proprio un errore di Pippo, dal dischetto contro il Toro, ad accelerare lo sbarco di Ancelotti a Milanello al posto di Terim. Da quel giorno i due sono diventati una cosa sola. A Istanbul Pippo masticò amaro, a due passi dal Partendone si rifece alla grande. E adesso non si ferma più. E pensa che anche in Nazionale sia tempo di rimettere in moto i numeri, che sono la sua terza passione, dopo le donne e i gol.

55 presenze in azzurro con 25 gol sembrano poca roba e invece fanno quasi 100 in Europa. Dove Inzaghi più che un flagello di portieri e difensori è sempre «alta tensione», una scarica elettrica benefica per le vene datate del vecchio Milan.

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