Io, assessore gentildonna sul fronte Sud

La diffidenza nei confronti della "forestiera". Paesi splendidi ma in abbandono. L’immobilismo delle Soprintendenze. L’editorialista del Giornale racconta i suoi mesi nella giunta provinciale di Trapani

Io, assessore gentildonna sul fronte Sud

Assessore sì, mi sono detta, ma prima sempre giornalista e gentildonna. Che sia il Friuli o la Sicilia, io non cambio approccio e non intendo adattarmi a nessuna regola occulta che non sia di quelle che riconosco dentro di me, mentre me ne sto sotto qualche cielo stellato. L’offerta è arrivata alla fine di luglio, in mezzo c’era stata l’elezione di Vittorio Sgarbi a sindaco di Salemi, borgo piccolo ma interessante della provincia di Trapani. Lui si è portato un po’ di bella gente, sembrava un incrocio tra le reminiscenze dell’estate romana del Nicolini che fu, e un presente incerto del quale non si sa ancora quale profitto poter trarre d’autunno, ma pieno di speranza. Certo c’è finalmente attenzione per un posto di solito ignorato, essendo la provincia di Trapani l’ultima d’Italia, bellissima e negletta.
Ho ricevuto una telefonata del presidente eletto della Provincia, Mimmo Turano, mi offriva l’assessorato alla Cultura come indipendente, un tecnico, scelto dal suo partito, l’Udc. Ho accettato la sfida, non per noia, quella di andare a vedere come si amministra la cosa pubblica in Sicilia e se sono capace di fare qualcosa di buono anziché solo denunciare. La prima volta che sono andata a Selinunte, cittadina estiva attaccata al parco e ai templi, dall’alto della terrazza di un albergo non sono riuscita ad apprezzare né la bellezza e né la vista, che sono superbe, perché tutto mi sembrava ricoperto dalla bruttura delle case abusive, dei serbatoi dell’acqua, dei fili della luce e del telefono che penzolano liberi da una parte all’altra della strada, invece di essere, come per legge, interrati. Di chi è la colpa? Del Comune di Castelvetrano? Dell’Enel? Della Telecom? Si attende risposta. La sensazione generale è di precarietà e bruttezza, un paesino che potrebbe assomigliare a quelli più rappresentati nelle nostre cartoline turistiche è invece sporcato e depresso senza speranza. Il parco archeologico non sta meglio: i templi non illuminati, il percorso stradale accidentato, nessuno cura le piante, nessun disabile vi ha accesso, un’ora prima del tramonto si chiude. Il progetto di trasformare un tale disastro non è difficile, ho capito presto che molti privati e sponsor parteciperebbero, ma ci sono resistenze potenti da vincere. Le sovraintendenze in Italia di solito amano che tutto resti com’è, anche in putrefazione.
A Marsala c’è un’atmosfera più vivace. Credo che questa provincia, ampia e poco popolata, meno di 600mila abitanti con 24 comuni, si possa considerare come una città di dimensioni medio grandi. Ma è una teoria difficile da far passare se intendi fare qualcosa per la cultura e organizzare grandi eventi, perché qui regna un campanilismo spietato, e quel che succede ad Alcamo non c’entra niente con quel che succede a Mazara del Vallo. Figuriamoci a Marsala, che è più grande di Trapani, 100mila abitanti contro 70mila, e mal digerisce di non essere il capoluogo di provincia. A Marsala arrivarono gli inglesi due secoli fa e i loro cognomi suonano ancora, l’isola di Motia fu la dimora dei Whitaker, oggi è un museo e una fondazione. È tenuta bene. Sarebbe bello percorrere di nuovo il cammino delle carrozze verso l’isola con la bassa marea. Qui o si fa il turismo o si muore, vale per l’intera provincia. Il Marsala era il liquore dei circoli esclusivi londinesi e s’arrabbia che oggi ci sia posto solo per il Porto. Gli imprenditori di vino denunciano la crisi. Con Fabio Hopps, un discendente anglo siculo, parliamo, nel suo baglio, magnifica casa di campagna, di una settimana di promozione a Londra proprio nei circoli esclusivi che sembrano aver dimenticato la Sicilia occidentale. Produttori di vino, sono bravi imprenditori e affrontano la crisi con grinta, si chiamano Rallo, Fazio, De Bartoli, Foraci, Hopps.
A una che vuole fare l’assessore rimanendo giornalista, qualche guaio capita subito. Prima ci sono stati il viso dell’arme e le dichiarazioni ostili di una sparuta opposizione di sinistra, che predilige l’ostentazione della sicilianità contro l’arrivo della straniera, senza riuscire a spiegare bene cosa questo concetto voglia dire di positivo, poi le critiche a un articolo scritto per il Giornale. Due settimane fa ho preparato una Vie en rose sulla scomparsa di Denise Pipitone e sul comportamento sicuramente anomalo di sua madre, Piera Maggio, che, dal momento del rapimento, lancia in tv messaggi trasversali a qualche buon intenditore. So come si scrive un articolo senza tema di querela, soprattutto non saprei scrivere un articolo offensivo della dignità di una donna. Però qualche personaggio folkloristico dell’opposizione, di quelli che di solito di Piera Maggio parlano malissimo, ha deciso che io ho offeso i mazaresi e la povera signora, e ha chiesto, bum, le mie dimissioni. In questi casi il localismo segue di corsa: giornaletti locali si scaldano, qualche esponente di maggioranza si accoda per piaggeria. Nessuno ha il brandello d’onestà che serve per dire che ho scritto un millesimo di quel che tutti qui dicono.
Il presidente della Provincia, Mimmo Turano, e l’assessore Baldassarre Lauria, fanno gli avvocati di Progetto Innocenti un’organizzazione non governativa che si occupa di casi giudiziari controversi e di tutela dei diritti umani. Sono dei veri garantisti e sono decisi a ottenere la riapertura di un caso e la revisione di un processo. È la famosa strage di Alcamo Marina, 29 ottobre 1989, quando furono uccisi due carabinieri, Carmine Apuzzo e Salvatore Falcetta. Il presunto colpevole, Giuseppe Gulotta, è stato sottoposto a otto processi, con alterne assoluzioni e condanne. È un processo indiziario, ma ha fatto 22 anni di galera e si è fatto vecchio aspettando giustizia. È una brutta storia: lui e un altro arrestato, Giuseppe Vesco, sono stati sottoposti a torture. Vesco lo hanno bendato, costretto a ingerire acqua e sale con un imbuto mentre gli provocavano scariche elettriche sul corpo. È finito suicida, un suicidio dubbio. Gulotta era ammanettato a un termosifone e veniva picchiato con violenza. La Procura della Repubblica di Trapani poche settimane fa ha notificato un avviso di garanzia ai carabinieri ancora vivi di quell’epoca per lesioni, falsa testimonianza e simulazione processuale. La storia intera sta sul sito di Progettoinnocenti.it, insieme a un video di Rai Tre. Anche queste sono storie siciliane.

Mi piacerebbe per la prossima primavera organizzare un festival della nostra storia recente sul modello del Festival della letteratura di Mantova, e mi piacerebbe che a Selinunte, un pochino ripulita e illuminata, ma anche a Segesta, che ha un teatro più piccolo ma bello quanto quello di Siracusa, si tenesse una stagione teatrale degna della bellezza dei posti. Sono un’illusa? Vedremo alla prossima puntata, ma sempre prima giornalista e poi assessore.

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