«Io, volontario multato la notte dell’alluvione»

Lui è un alpino, un alpino «dentro», che vuol dire: un alpino sempre, anche dopo che è finita la naia e ci si ritrova, bocia e veci, a bere un bicchiere di quello buono e a dare una mano dove c’è bisogno. Fra le macerie di un terremoto, fra le vittime di un’alluvione. Lui è Walter Manini, che s’è reso disponibile appena ha visto i segni del dramma di Genova. Come se avesse ricevuto un’altra cartolina-precetto. Ha telefonato al gruppo di «commilitoni», per coordinarsi, poi via di corsa, armato di pala, piccone, cerata e stivali (tutta roba sua). E ha preso la macchina (sempre la sua), una Suzuki piccolina, per arrivare sul posto e cominciare a spalare. «Ci ha dato dentro» tutto il giorno, e un po’ di più. Solo verso mezzanotte ha deciso che era meglio fermarsi, tornare a casa e concedersi il riposo che serve per riprendere di gran lena all’indomani. Posteggia l’auto in via Bertora, strada chiusa, una traversa di via Assarotti. «In sosta vietata, sì - ammette -, ma in questi casi si lascia dove si può. Tanto all’indomani, di buon’ora, l’avrei ripresa per tornare a spalare». Il condizionale, mentre racconta, è d’obbligo: perché all’indomani l’auto non c’è più. Walter non sa capacitarsi, pensa a un furto, anche perché dentro c’era tutto l’armamentario del volontari di soccorso. Allora telefona alla Polizia municipale, e scopre l’arcano: la sua Suzuki l’ha portata via il carro attrezzi, alle 4 e 30 di notte. La notte fra sabato e domenica. Ora è in via Dino Col. Pragasi venire a ritirala, pagando multa e contributo di trasloco. «Sulle prime non ci volevo credere - fa Walter -.

Ma come? Che fastidio dava l’auto alle 4 e mezza di quella notte, parcheggiata con le ruote sul marciapiede, in una strada chiusa? Eppure si vedeva benissimo che era di un volontario, con tutta quella roba a bordo!». Ma è subito finita lì: lui ha pagato, s’è ripreso la macchina ed è tornato a spalare. Da «alpino dentro, alpino sempre», abituato a scalare montagne. Anche montagne di stupidità.

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