Israele, è divorzio tra Sharon e laburisti

Gian Micalessin

Adesso è deciso, il governo di coalizione tra Likud e laburisti guidato dal premier Ariel Sharon non arriverà a fine legislatura e Israele andrà alle elezioni anticipate. Resta solo da concordare la data precisa, ma stando a quanto trapelato, si voterà tra il 26 febbraio e la fine di marzo. A deciderlo sono stati Sharon e il nuovo leader laburista Amir Peretz nel loro incontro di ieri mattina a Tel Aviv. Peretz, ansioso di abbandonare il prima possibile la coalizione per mettere a punto la nuova linea laburista e avviare la campagna elettorale, si è ritrovato ieri mattina a sfondare una porta aperta. Il premier titubante, che fino a sabato scorso tentava di rinviare il fantasma della crisi, era ieri un altro uomo. Un uomo rinfrancato dai sondaggi che lo danno davanti al rivale Benjamin Natanyahu nella corsa per le primarie del Likud. Un leader confortato dalle promesse degli avversari interni di far quadrato intorno a lui pur di sconfiggere l’ex sindacalista laburista.
Così l’incontro tra i due rivali è durato non più di 20 minuti. Peretz l’ha descritto come un incontro «puntuale» e ha riferito di aver offerto al premier la scelta della data migliore per lui. L’unica possibilità scartata a priori è stato quel 6 marzo, proposto in precedenza da Peretz che - ha fatto notare Sharon - coincide con la festa nazionale dedicata al ricordo dei soldati caduti. Nell’incontro, Sharon ha mantenuto la linea annunciata mercoledì dicendo di voler andare al voto il prima possibile per non «perdere tempo in una prolungata campagna elettorale». Peretz ha aggiunto che sia lui, sia Sharon sperano di poter concordare una data precisa prima di lunedì sera quando il Parlamento voterà la mozione preliminare per lo scioglimento anticipato della legislatura. I portavoce di Sharon hanno specificato che il premier, pur essendo pronto ad accettare l’uscita laburista dal governo, avrebbe chiarito a Peretz di considerarla «irresponsabile».
In un’intervista al quotidiano Yedioth Ahronoth Sharon ha spiegato di essersi convinto ad andare alle elezioni anticipate non appena Peretz ha annunciato di volere uscire dalla coalizione e metter in crisi il governo. «Quando mi è risultato chiaro che la struttura politica vacillava mi sono convinto della necessità per il Paese di andare al voto il prima possibile».
Concordata la crisi restano da decidere le mosse formali. L’uscita dalla coalizione dei ministri laburisti - che hanno già consegnato a Peretz le loro lettere di dimissioni - dovrebbe venir ratificata dal comitato centrale del partito già domenica e annunciata lunedì.
Ma l’incognita più rilevante resta quella interna al Likud. Sharon non ha ancora ufficialmente deciso se restare nel partito o salutare tutti e presentarsi alle elezioni alla testa di una nuova formazione. Visti i risultati dei sondaggi sulle primarie, tutto fa prevedere che il premier decida di non abbandonare la vecchia dimora e opti piuttosto per un accordo con Netanyahu e gli altri rivali. Il patto per portare la formazione compatta alle urne sarebbe già pronto. Anche se nessuno conferma, Nethanyahu avrebbe chiesto, in cambio del patto di non belligeranza, la carica di numero due del partito e l’opzione d’accettare - in caso di vittoria elettorale - la carica di vicepremier.


Ieri mattina, intanto, una pattuglia dell’esercito ha ucciso due militanti diciottenni delle Brigate Al Aqsa che cercavano di forzare un posto di blocco intorno a Jenin. Un altro giovane palestinese è rimasto gravemente ferito nel corso di scontri a nord di Ramallah.

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