"Italiani più ricchi di tedeschi e francesi" Ma purtroppo non è vero

Oltre metà della ricchezza delle famiglie è rappresentata dagli immobili Negli ultimi anni i prezzi sono scesi, le statistiche non se ne sono accorte

"Italiani più ricchi di tedeschi e francesi" Ma purtroppo non è vero

«Cresce la ricchezza degli italiani: nel 2017 ha raggiunto quota 9.743 miliardi, in crescita di 98». I titoli di siti internet e giornali, solo poche settimane fa, sono stati una volta tanto positivi e ottimistici. Riferivano dell'indagine Banca d'Italia-Istat su attività e passività delle famiglie: il patrimonio di queste ultime è pari a otto volte il reddito medio della Penisola, lievemente superiore a quello di inglesi, francesi e perfino dei Paperoni tedeschi. C'è da esserne rassicurati. Ma come al solito il diavolo è nei dettagli. E inserire le cifre nel loro contesto induce a dipingere un quadro con qualche sfumatura in più.

Vero è che gli italiani sono meno indebitati dei cittadini di quasi tutti gli altri Paesi avanzati (anche se, come risulta dall'altro articolo in pagina, hanno qualche difficoltà a fare fronte alle loro obbligazioni). Ed è anche questo elemento che anni fa spinse l'allora ministro Rino Formica a dire che il convento (l'Italia) era povero, ma i frati (gli italiani) erano ricchi.

Confrontare la ricchezza a livello internazionale è però difficile perché si paragonano realtà radicalmente diverse. Basta pensare a un lavoratore tedesco che grazie al suo sistema previdenziale matura il diritto a una quantità di prestazioni (per esempio un'assistenza a 360 gradi in caso di non autosufficienza) che in Italia vengono garantite solo molto parzialmente. Il tedesco accumula dunque una sorta di ricchezza implicita (in inglese viene utilizzato il termine entitlement) che non figura nelle statistiche. E il gruzzoletto messo insieme dagli italiani, anziché ricchezza vera e propria, viene così a rappresentare un sorta di cuscinetto precauzionale e «salvavita», sostitutivo di prestazioni che in altri Paesi sono pubbliche.

Un'altra differenza è legata al fatto che più della metà della ricchezza italiana (5.246 miliardi) viene attribuita agli immobili, un valore superiore a quello di altre economie, dove prevalgono gli investimenti finanziari. Anche qui però bisogna intendersi: gli immobili di cui si parla sono sostanzialmente la prima casa, che in Italia è di solito di proprietà per l'assenza di un efficiente mercato degli affitti (nel Nord Europa non si compra perché non ce n'è bisogno). La «realizzabilità» di questa ricchezza è dunque del tutto teorica. Quanto al valore degli immobili in esame il calcolo viene effettuato dall'Istat sulla base di elaborazioni statistiche basate sulla Banca dati dell'Agenzia delle Entrate. Partendo da questi numeri il valore degli immobili di proprietà degli italiani veniva fissato a 5 miliardi nel 2007 e a 5,2 nel 2017, addirittura in crescita negli ultimi dieci anni. Chiunque abbia esperienza delle attuali, periclitanti quotazioni immobiliari, è portato a dubitare della plausibilità del dato.

Crisi, età e stato degli immobili, fattori demografici (la diminuzione della popolazione, che peserà ancora di più in futuro) hanno inciso pesantemente sui prezzi. Se una ricchezza c'era, in molti casi ora rischia di non esserci più.

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