JEFFREY TATE e l’Ariadne: «Le mie emozioni più segrete»

A colloquio con il grande direttore inglese, da domani sul palco della Scala con l’opera di Richard Strauss

Elsa Airoldi

Un volto bellissimo. Gli occhi chiari e intelligenti. I modi di chi è stato tirato su a pane a cultura. Jeffrey Tate (Salisbury, 1943) dal 1° giugno è sul podio di Ariadne auf Naxos. Il titolo più affascinante di Strauss. Quello il cui gioco di specchi maggiormente riflette la civiltà mitteleuropea e segnatamente viennese, la cifra poetica di Hugo von Hofmannsthal drammaturgo poeta e librettista, l'humus che, negli stessi anni, alimenta le teorie freudiane.
L'Arianna, un libretto per Richard Strauss, ha due versioni. La prima, del 1912, accorpa la commedia Le bourgeois gentilhomme di Molière e l'opera mitologica Ariadne. Ne esistono alcune incisioni (Kent Nagano) e qualche esecuzione dal vivo per pochi intimi. Ma il doppio coté teatral-operistico rende l'accoppiata poco fruibile. La seconda (1916) sostituisce Molière con un Prologo cui segue Ariadne.
Parliamo di questa. Un inestricabile inno all'ambiguità, al teatro nel teatro, a una realtà che accosta sempre vero e falso, lacrime e sorrisi, personaggi reali e inventati: come i protagonisti Arianna e Bacco, tanto inventati da essere dimentichi di sé e sotto il velo surreale di una passione inconsapevole. Insomma il neoromonticismo estetizzante, poetico e altamente simbolico di Hofmannsthal. «Ma anche di Strauss - sottolinea Tate. - Di Strauss che è da mettere assolutamente sullo stesso piano. Solo un po' meno poeta».
L'opera, come tutta la programmazione scaligera in corso,è stata organizzata in tempi brevissimi. Tuttavia il direttore si dichiara soddisfatto del caso che è riuscito a mettere assieme un cast funzionale e di qualità. L'Ariadne, uno degli allestimenti operistici di Ronconi più riusciti, arriva dal 2000 e dalle mani di Giuseppe Sinopoli. Che la diresse esattamente un anno prima che la morte ce lo strappasse sul podio della Deutsche Oper di Berlino. A Tate era poi toccato di sostituire il collega in Rosenkavalier. Mentre adesso torna sui suoi passi riprendendo una versione pensata per lui. Tutte e due medici che hanno scelto la musica.
Differenze?
«L'amavo molto, aveva una cultura vasta e profonda, più della mia... Eravamo simili... Certo io inglese e lui veneziano, levantino...»
Stesso anche il repertorio. Wagner, Strauss, Mahler... Anche se ora, a Napoli per cinque anni, Tate si cimenta con Falstaff e Don Carlo. Dichiarando anche il suo amore per Butterfly, magnifica per la musica e soprattutto per il messaggio. La non integrazione e l'abuso dei diversi nell'era della globalizzazione.
Ariadne invece non manda messaggi che non siano l'edonismo e il potere catartico dell'arte. Tra Prologo e Opera Tate non farà stacchi ritmici differenti. Del resto il Prologo, raffinatamente ciclico, è convulso di suo. Semmai il direttore cerca l'unità tra le parti, l'armonia,la stilizzazione. Cosa assai complessa specie nella confusione narrativo-musicale del Prologo. Souplesse per tutti, anche per l'aria di Harlekin.

E sospeso stupore per il duetto finale Arianna-Bacco. In do maggiore. Con la partitura che si tira da parte un po' intimorita.
A lei cosa comunica Ariadne?
«Una legatura, un rubato, attimi di assoluto: ma a me. E non ci sono parole per dirlo».

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