Kakà rilancia l’allarme Ronaldo «Speriamo che giochi ancora»

Soffre a non stare nel gruppo e noi cerchiamo di dargli una mano. Ha passato periodi peggiori, ma questa volta potrebbe persino smettere: dipende da quanto starà fuori

Nostro inviato

a Yokohama

L’irresistibile ascesa di una stella. Per seguire e apprezzare la traiettoria di Ricardo Isecson Dos Santos Leite detto Kakà, 25 anni, il meglio di una carriera spalancata sul futuro, nuovo astro del Milan e del calcio brasiliano, è sufficiente rievocare il suo precedente viaggio in Giappone, dicembre 2003. A quei tempi l’ultimo Pallone d’oro era solo una grande promessa, nel Milan cominciava a farsi largo dalla panchina, il gol all’Empoli da 30 metri la sua impresa balistica più apprezzata, il suo ruolo riservato d’ufficio a Rui Costa. Yokohama fu l’inizio dell’irresistibile ascesa, cominciata quasi a fari spenti: Ancelotti preferì al portoghese il giovane brasiliano respinto da un palo sull’1 a 1 ben prima dell’epilogo malinconico ai rigori, favorevole agli argentini. «Non mi piace la parola rivincita: quella del 2003 è una storia chiusa, dimenticata, vinsero loro, chiuso. Il Boca Juniors è un rivale forte, temibile, di grande tradizione, ma noi del Milan vogliamo con tutte le nostre forze questa coppa»: nelle parole di Kakà sembra farsi strada la straordinaria motivazione che è alla radice di questa nuova, eccitante avventura giapponese.
Dietro ogni ossessione c’è sempre una spiegazione banale. «È vero, io da bambino sono cresciuto col mito di questa sfida, per me, brasiliano, vale più del Pallone d’oro» confessa Kakà. Allora, nel dicembre di quattro anni prima, Kakà passò quasi inosservato in un Milan frenato dall’infortunio di Nesta, Shevchenko il testimonial più famoso: oggi non può muoversi dall’albergo, deve respingere almeno 100 richieste di interviste, gli sponsor giapponesi propongono contratti ogni giorno e sui giornali locali ha deposto in modo vistoso Ronaldo, finito nel cono d’ombra della depressione. «Ci sono tanti miei compagni che come me non hanno mai vinto questo trofeo, accetto le mie nuove responsabilità. Solo chi vive da queste parti può comprendere la forza e la popolarità del calcio e del Milan: saranno una spinta eccezionale per noi tutti. Posso aggiungere che non sarò soddisfatto anche se alla fine dovesse finire bene. Nel calcio ci sono sempre altre sfide da raccogliere e da vincere»: ecco il Kakà che piace alle gente che piace. Non c’è più traccia, nei sogni e nei progetti, di Real Madrid, neanche quando gli ricordano l’arrivo imminente, a Tokio, di Ramon Calderon, il presidente blanco. «Lasciamo perdere», invita disteso.
È la quarta volta che Kakà arriva in Giappone, cominciò da ragazzino, una specie di premonizione. «Questo paese mi piace», racconta con l’aria di chi non si sofferma solo a guardare per aria i grattacieli di Yokohama, e non gli va certo di acquisire come merito l’aver oscurato in fatto di popolarità Ronaldo, la croce nera del Milan di questi giorni. «Per lui è un momento difficile» spiega didascalico Kakà con l’aria di chi parla di una persona cara, quasi di famiglia. «Lui soffre a non stare nel gruppo, a non riuscire ad allenarsi e noi proviamo a procurargli qualche sollievo. La parola d’ordine è una sola: non parlare dell’infortunio, gli parliamo d’altro e gli parliamo spesso per farlo sentire uno di noi. Ha attraversato periodi peggiori, Ronie, come l’inattività lunga due anni per i due interventi chirurgici». Il racconto riservato da Kakà è l’occhio indiscreto dei giornali italiani sul grande assente, ieri rimasto ancora in albergo, piscina e palestra le sue attività, secondo il racconto di fonti ufficiali. «Non so se questa volta smetterà, dipenderà da quanto tempo rimarrà ancora fuori. Anche se non abbiamo ancora perso la speranza di averlo qui in Giappone: il polpaccio gli fa ancora male» conclude così Kakà la circumnavigazione intorno al caso spinoso di questo dicembre indecifrabile.
Il resto è un tentativo, legittimo, d’evasione. Leggero come una piuma Kakà cavalca l’onda del calcio-mercato legata a Ronaldinho («sono affari trattati della società, con Dinho io mi trovo bene, è un gran campione») e affronta il nodo del ritardo clamoroso in campionato rispetto all’Inter. Anche lui, Kakà, quanto a rendimento, sembra un altro in campionato. «Non riusciamo a trovare una spiegazione convincente.

Al nostro rientro dovremo affrontare la questione e provare a rimediare» promette il Pallone d’oro. Che sogna ad occhi aperti il mondiale per club, la guarigione di Ronaldo e l’arrivo di un brasiliano che non finisca per dinho.

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