Korine, lo scandalo è la sua missione

"Baby Invasion" è un film ispirato ad "Arancia meccanica" e all'estetica dei videogame

Korine, lo scandalo è la sua missione

Un ufo sta per invadere la 81a edizione della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica, dal 28 agosto al 7 settembre al Lido di Venezia. Si chiama Baby Invasion ed è diretto da Harmony Korine, ex enfant prodige del cinema indipendente statunitense che, ancora oggi, a 51 anni, non si è stancato di giocare con le immagini. Proprio come l'anno scorso quando ha presentato, sempre a Venezia, Aggro Dr1ft, apparentemente un delirio di musica elettronica di AraabMuzik a cui si aggiunge una tecnica sperimentale di ripresa con lenti termiche che mostrano parvenze di corpi, in realtà un trip immersivo che non somiglia a niente di già visto ma che richiama alla mente diversi immaginari, in primis quello dei videogiochi come Grand Theft Auto universalmente conosciuto come GTA. Tra sicari e prede c'è addirittura Travis Scott, il cantante rap idolo di moltitudini di giovani il film (se lo possiamo chiamare così) si muove in un mondo perverso e psichedelico in cui regnano violenza e pazzia. «Non volevo fare esattamente un film aveva commentato il regista originario della California volevo fare ciò che viene dopo un film. Volevo essere dentro il mondo. Un po' come un videogame. Ma chi è che gioca?». Ecco, per rispondere a questa domanda, insieme al suo collettivo produttivo EDGLRD, ha realizzato Baby Invasion, un thriller interattivo girato in soggettiva, grazie all'utilizzo di sei body cam (una indossata dallo stesso regista), con dei villain con il volto di neonati che fanno irruzione in una villa di superlusso in Florida sequestrando e seviziando tutta la famiglia. Una sorta di videogioco di Arancia meccanica con tanto di commenti sovrimpressi sullo schermo nella tipica barra laterale.

Una scelta provocatoria che farà discutere, esattamente come successe nel 1997 con il debutto alla regia di Korine, quel Gummo (il nome del quarto dei fratelli Marx, ma i riferimenti finiscono qui) che fu presentato sempre a Venezia ma nella sezione autonoma della Settimana della critica. Qui il regista mostra l'altra faccia dell'America, seguendo in maniera volutamente frammentata come i video di Tik Tok di oggi alcuni adolescenti di Xenia, un paesino dell'Ohio devastato da un tornado, che, tra le altre cose, uccidono i gatti per rivendere la carne al macellaio e comprare sia un po' di colla da sniffare che un po' di sesso da consumare con una ragazza disabile. Ma in mezzo a una povertà e a una violenza veramente inquietanti, Korine riesce ad avere uno sguardo empatico e mai giudicante, illuminando il buio con barlumi di bellezza e, forse, di speranza. Il film trova fan entusiasti in due grandi registi come Gus Van San e Werner Herzog che si presta addirittura come attore, due anni dopo, per il secondo film di Korine, Julien Donkey-Boy, girato con i precetti del manifesto Dogma 95 di Lars Von Trier e incentrato su un ragazzo schizofrenico in una famiglia disfunzionale in cui il regista tedesco interpreta il padre violento.

Ancora un film con un effetto disturbante esattamente come quello della sua prima sceneggiatura scritta per l'esordio cinematografico del grande fotografo statunitense Larry Clark. Era il 1995 con gli adolescenti anarchici in skateboard (esattamente come Korine e la sua migliore amica, Chloë Sevigny, che diventa una delle protagoniste del film e futura grande attrice) dei bassifondi di New York di Kids (a cui in Italia fu aggiunto il sottotitolo Monelli e il VM18), dediti all'uso di droghe e al sesso non protetto in pieno Aids sconvolse gli spettatori negli stessi mesi in cui il loro presidente, Bill Clinton, riceveva con nonchalance Monica Lewinsky sotto la scrivania dello studio ovale e O. J. Simpson indossava i famosi guanti insanguinati in tribunale nel processo per omicidio più mediatico della storia.

Herzog torna nel terzo film di Korine, Mister Lonely, in cui un ragazzo a Parigi sbarca il lunario come sosia di Michael Jackson e incontra altri come lui Marilyn Monroe e Charlie Chaplin in una comune in Scozia. Proprio come nella autobiografia romanzata di Korine che ha vissuto con i genitori in una comune nella San Francisco Bay Area dove poi, da teenager, ha trascorso le sue estati «facendo skate, fuggendo dai miei genitori» e iniziando a pensare a fare film dopo l'educazione cinematografica con altri irregolari come Cassavetes, Herzog, Godard, Altman e Fassbinder.

Omaggiato alla Biennale Arte nel 2003 e nel 2017 consacrato al parigino Centre Pompidou, Korine ha anche diretto videoclip per grandi artisti come i Sonic Youth, Cat Power e Rihanna mentre, nel 2012 a Venezia, il primo anno del secondo mandato del direttore Alberto Barbera, ha portato quello che ad oggi è il suo film di maggiore successo, Spring Breakers con James Franco, in cui la sua rielaborazione dell'estetica dei video di Mtv raggiunge apici formali sperimentali, insieme a uno smascheramento e a una messa a nudo della società americana con interpreti come Selena Gomez e

Vanessa Hudgens, icone postadolescenziali dei programmi e delle serie di Disney. Insomma tutti insieme, e in purezza, la tv, i videogame e il postcinema di questo geniale cinquantenne pronto a sconvolgere nuovamente Venezia.

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